Page 19 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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i  teologi  conciliari  quanto  i  contemporanei  di  Galileo,  Bellarmino
          compreso.  È  evidente  che  il  testo  era  diretto  contro  la  tesi  di  Lutero,

          stando  alla  quale  la  rivelazione  e  la  salvezza  venivano  unicamente
          tramite le Scritture. Certo è però che questo decreto ebbe un ruolo nella

          proibizione  dell’eliocentrismo,  come  pure  nelle  argomentazioni  contro
          Galileo, specialmente se la colleghiamo a un altro paragrafo del secondo

          decreto, che recita come segue:


                   «Inoltre,  onde  porre  freno  agli  spiriti  pedanti,  il  Concilio  decreta  che  nelle
                   materie  di  fede  e  di  morale  pertinenti  all’edificazione  della  dottrina  cristiana,
                   nessuno, avvalendosi del proprio giudizio e alterando le Sacre Scritture secondo
                   i  propri  concetti,  osi  interpretarle  in  maniera  contraria  al  senso  che  la  Santa
                   Madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare il vero senso e significato, abbia
                   sostenuto e sostenga, oppure contro l’unanime accordo dei Padri, anche nel caso
                   che  tali  interpretazioni  non  siano  state  mai  pubblicate.  Chi  si  comporterà  in
                   modo diverso sarà identificato e punito conformemente alle pene prescritte dalla

                   legge». 16

          Era  l’affermazione  del  principio  di  autorità  che,  come  vedremo,  si

          sarebbe  dilatato  ben  al  di  là  delle  «materie  di  fede  e  di  morale»,  e
          sarebbe stato più ristretto dell’«unanimità» dei Padri della Chiesa.

          Molte altre disposizioni del Concilio di Trento, come per esempio quelle
          che  si  riferivano  all’amministrazione  e  alla  giustizia  ecclesiastiche,

          avevano  una  dimensione  chiaramente  politica  ed  entravano  in  diretto
          conflitto  con  i  singoli  monarchi  e  principi  che,  per  tradizione,
          disponevano di considerevole autorità nell’amministrazione ecclesiastica

          dei rispettivi stati. Più ancora, negli ultimi decenni del XVI secolo, fu
          ripresa  la  teoria  medievale  secondo  la  quale  tutti  i  principati  e  le

          monarchie  facevano  parte  in  realtà  di  uno  stato  mondiale  il  cui  gran
          monarca era il papa. Ma né Filippo II o Carlo V, né Enrico IV o Luigi

          XIII, né Giacomo I né la Repubblica di Venezia, con i rispettivi cleri, si
          mostrarono disposti a piegarsi senz’altro a quella che consideravano una

          limitazione dei loro diritti e delle loro libertà. Il vescovo di Parigi, che al
          momento  della  votazione  era  ammalato,  reagì  con  estrema  durezza  a
          questa disposizione e contro il discorso di difesa fatto da Diego Lainez,

          generale  dei  gesuiti.  Tra  le  altre  molte  cose  diceva  della  difesa  in
          questione che:


                   «… in luogo del regno celeste, ché così è chiamata la Chiesa, fa non un regno,

                   ma una tirannide temporale; che leva alla Chiesa il titolo di sposa di Cristo e la



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