Page 17 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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non doveva far sorgere problemi in seno alla stessa Chiesa; al contrario,
lo si sceglieva proprio perché non ne suscitasse. Oggi però risulta
evidente che la valutazione fu eccessivamente ottimistica e sbagliata. Era
una questione centrale per la cultura europea, e la Chiesa cattolica prese
decisioni della massima importanza in maniera tanto frivola quanto
frettolosa. Ciò non risulta però chiaro solo a posteriori, perché già allora
fu presa in considerazione da diversi punti di vista.
I decreti della Sessione IV suscitarono in effetti molte critiche da varie
parti. In Germania, dove oltretutto c’era chi lamentava di non avere al
Concilio né un vescovo né un teologo, non si riusciva ad ammettere che
«5 cardinali e 48 vescovi avessero così facilmente definito
principalissimi et importantissimi capi di religione sino allora indecisi,
dando autorità canonica a libri tenuti per incerti et apocrifi, facendo
autentica una traslazione discordante dal testo originale»; né si riusciva
ad accettare che, tra i prelati che presero la decisione, non si trovasse
«alcuno riguardevole per dottrina: esserne alcuni legisti, dotti forse in quella
professione, ma non intendenti della religione; pochissimi teologi, ma di
sufficienza sotto l’ordinaria; il maggior numero gentiluomini o cortegiani». 10
È certo infatti, come risulta dalle discussioni delle congregazioni, che a
imporsi non fu il criterio degli specialisti; ma la cosa più deplorevole è
che i decreti in questione non furono favorevolmente accolti neppure a
Roma. Alla curia pensarono che si trattasse di cosa più importante del
previsto e che potessero verificarsi scivoloni. I due decreti piacquero
così poco che molti anni dopo, nel 1561, si fu ancora sul punto di
modificarli. Era chiaro che i membri del Concilio non avevano seguito le
esplicite istruzioni inviate loro dal papa:
«L’una di non publicare in sessione all’avvenire decreto alcuno, senza averlo
prima communicato in Roma, e fuggir ben la sovverchia tardità nel caminar
inanzi, ma guardarsi ben ancora maggiormente della celerità, come quella che
poteva fargli risolvere qualche materia indigesta e levargli tempo di poter
ricevere gli ordini da Roma di quello che si dovesse proponere, deliberare e
concludere. La seconda di non consummare il tempo in materie che non sono in
controversia, come pareva che avessero consummato nelle trattate per la
prossima sessione, nelle quali tutti sono d’accordo e che sono principii
indubitati. La terza d’avvertire che non si venga mai, per qual causa si sia, alla
disputa dell’autorità del papa». 11
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