Page 285 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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che  d’una  virtù  infinita  sia  meglio  esercitarne  una  gran  parte  che  una
          minima, vi rispondo che dell’infinito una parte non è maggior dell’altra,

          quando  amendue  sien  finite;  né  si  può  dire  che  del  numero  infinito  il
          centomila sia parte maggiore che ’l due, se ben quello è cinquantamila

          volte maggior di questo; e quando per muover l’universo ci voglia una
          virtù  finita,  benché  grandissima  in  comparazione  di  quella  che

          basterebbe  per  muover  la  Terra  sola,  non  però  se  n’impiegherebbe
          maggior  parte  dell’infinita,  né  minore  sarebbe  che  infinita  quella  che

                                        resterebbe  oziosa;  talché  l’applicar  per  un  effetto
            Dell’infinito non è
                                        particolare un poco più o un poco meno virtù non
            una parte maggior

            dell’altra, benché          importa  niente:  oltre  che  l’operazione  di  tal  virtù
                                        non ha per termine e fine il solo movimento diurno,
            esse siano tra di
                                        ma  sono  al  mondo  altri  movimenti  assai  che  noi
            loro diseguali.
                                        sappiamo,  e  molti  altri  più  ve  ne  posson  essere
          incogniti a noi. Avendo dunque riguardo a i mobili, e non si dubitando
          che operazione più breve e spedita è il muover la Terra che l’universo, e

          di più avendo l’occhio alle tante altre abbreviazioni ed agevolezze che
          con questo solo si conseguiscono, un verissimo assioma d’Aristotile che

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          c’insegna che Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora  ci
          rende  più  probabile,  il  moto  diurno  esser  della  Terra  sola,  che
          dell’universo, trattone la Terra.

          SIMP. Voi nel referir l’assioma avete lasciato una clausula che importa il
          tutto, e massime nel presente proposito. La particola lasciata è un aeque
          bene: bisogna dunque esaminare se si possa egualmente bene sodisfare

          al tutto con questo e con quello assunto.
          SALV. Il vedere se l’una e l’altra posizione sodisfaccia egualmente bene,

          si comprenderà da gli esami particolari dell’apparenze alle quali si ha da
          sodisfare,  perché  sin  ora  si  è  discorso,  e  si  discorrerà,  ex  hypothesi,
          supponendo che quanto al sodisfare all’apparenze amendue le posizioni

          sieno egualmente accomodate. La particola poi, che voi dite essere stata
          lasciata da me, ho più tosto sospetto che sia
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          superfluamente  aggiunta  da  voi:  perché  il
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          dire  «egualmente  bene»  è  una  relazione,  la
                                                                           l’aggiugnere aeque
          quale  necessariamente  ricerca  due  termini
                                                                           beneè superfluo.
          almeno, non potendo una cosa aver relazione

          a  sé  stessa,  e  dirsi,  v.  g.,  la  quiete  esser  egualmente  buona  come  la
          quiete; e perché quando si dice «Invano si fa con più mezi quello che si





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