Page 263 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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oggetti e gli effluvi dell’occhio. Così Platone nel Timeo, 45 ss., in un passo alquanto
confuso, e nel Teeteto, 156 ss., in termini un po’ più chiari, avanza una proposta appunto
di questo tipo. Neanche Aristotele si mostra più preciso sull’argomento, ma critica
chiaramente tutte quelle idee, soprattutto nel De sensu, II e III, proponendo quella che
potrebbe essere considerata una volta ancora una sorta di sintesi: «In ogni caso
dobbiamo quindi spiegare la percezione sensibile tramite il tatto, ragion per cui sarebbe
meglio dire una volta per tutte che la percezione visiva è dovuta a un processo originato
dall’oggetto percepito nel mezzo che sta tra quell’oggetto e l’organo sensitivo; vale a
dire, dovuta al contatto, non alle emanazioni» (De sensu, 440a 15-20). Comunque, sul
finire del XVI secolo era frequente la tesi che le «specie» avanzavano lungo la piramide
formata dai raggi della vista. Come si vede, Galileo resta nell’ambito teorico
tradizionale, servendosi dei concetti centrali dell’una o dell’altra teoria, sebbene in
nessun momento giunga a pronunciarsi a favore dell’una o dell’altra sintesi.
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Si ha qui un ulteriore riferimento alla teoria platonica della conoscenza come
reminiscenza.
81 Nel primo quarto.
82 Fu Tycho Brahe a difendere questa teoria nel libro II dei suoi Astronomiae
instauratae progymnasmata, come afferma Keplero in Ad Vitellionem Paralipomena,
VI, 10.
83 È il libro scritto da Johannes Locher sotto la direzione del gesuita Christopher
Scheiner, come indica il lungo titolo: Disquisitiones mathematicae de controversiis et
novitatibus astronomicis. Quas sub Praesidio Christophori Scheineri, de Societate Jesu,
Sacrae linguae et matheseos in Alma Ingolstadiensi universitate, Professori Ordinarii,
Publice Disputandas posuit propugnavitque Mense Septembri, […] Nobilis et
Doctissimus iuvenis, Johannes Georgius Locher, Boius Monacensis, Artium et
Philosophiae Baccalaureus, Magisterii Candidatus, Iuris Studiosus, Ingolstadii, 1614.
Nella Giornata seconda vedremo Galileo criticare con mordace ironia alcune sue tesi.
Inoltre, nel De maculis solaribus… accuratior disquisitio del 1612, Scheiner aveva
affermato che la luce secondaria è dovuta alla trasparenza del corpo lunare (si veda
Opere, V, p. 67).
84 Cleomede, astronomo del II secolo d.C., fu autore di un’opera uscita nel 1539 col
titolo di Cyclica consideratio meteorum in cui compendiò gli studi di vari autori greci
fra cui Posidonio. Quanto a Witelo, che visse verso la fine del secolo XIII fu autore di
un trattato di ottica – che copiava Alhazen senza menzionarlo – ampiamente studiato,
durante il Medioevo, da copie manoscritte e finalmente stampato su richiesta di Petrus
Ramus, insieme al manoscritto di Alhazen, nel 1572. Keplero si riferì a tale trattato in
una delle sue opere di ottica, gli Ad Vitellionem paralipomena. Macrobio, vissuto nel IV
secolo d.C., fu autore di un celeberrimo commento a Cicerone intitolato Somnium
Scipionis, nel quale esponeva alcune delle idee qui menzionate. Quanto all’«autore
moderno» si tratterebbe, secondo Drake, di Franciscus Aquilonius che nel 1604
pubblicò un trattato di ottica. Comunque, la tesi che la luce della Luna proviene dal Sole
e che la Luna se ne imbeve, derivava da Averroè e da Abraham ben Ezra, ed ebbe ampia
diffusione in seguito, giungendo come si è visto fino a Buridano (si veda Duhem, 1958,
vol. IX, pp. 411 ss.). Comunque, qui la teoria viene usata per spiegare non la luce della
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