Page 260 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Tolomeo della parallasse lunare in Almagesto, IV, 1.
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             Come ho già detto, la Luna non si muove esattamente nel piano dell’eclittica, cioè
          non esattamente sullo stesso piano dell’orbita terrestre dal quale si discosta di poco più
          di 5° verso nord e verso sud. I due punti nei quali la sua orbita interseca l’eclittica o
          orbita terrestre si chiamano nodi o punti draconici – ascendente quello nel quale transita
          da  sud  a  nord,  e  discendente  il  contrario  –  che  nella  tradizione  astrologica
          corrispondevano alla testa e alla coda di un drago. Mentre i punti di massima latitudine

          nord e sud dell’orbita lunare, sono quelli che Galileo chiama ventri del suo dragone.
          Orbene, i nodi non sono fissi bensì retrogradi, poiché si muovono verso occidente, ed è
          questa la causa per cui il tempo che occorre alla Luna per giungere nuovamente a un
          nodo è leggermente minore, di circa 1/10, del mese sidereo. Ancora oggi chiamiamo
          periodo o mese draconico il tempo che trascorre tra due passaggi successivi della Luna
          per un nodo. Periodo o mese sidereo è il tempo che occorre alla Luna per percorrere
          360° sullo sfondo delle stelle, pari approssimativamente a 27,3 giorni. Il periodo o mese
          sinodico – synodus significa riunione o congiunzione, in questo caso del Sole o della
          Luna – è il tempo corrispondente a un intero ciclo di fasi lunari, cioè da una luna nuova
          a un’altra, ed è di circa 29,5 giorni. È detto anche lunazione. La differenza tra mese
          sidereo e sinodico è dovuta al movimento della Terra. Si tratta in tutti i casi di tempi
          medi.
          La retrogradazione dei nodi ha per effetto che il dragone serpeggi lungo il suo percorso,
          in altre parole che l’orbita lunare oscilli sullo sfondo delle stelle. Così per esempio, i

          punti massimi della latitudine lunare – nord e sud – rispetto all’ellittica non coincidono
          sullo  stesso  sfondo  delle  stelle  in  ogni  orbita  della  Luna,  ma  oscillano,  sullo  stesso
          sfondo, come il ventre del dragone. Galileo aveva fatto riferimento al drago della Luna
          nel suo Trattato della Sfera ovvero Cosmografia (Opere, II, p. 245).
          69  L’intera volta stellata compie una rotazione apparente in ventiquattr’ore intorno alla
          Terra su un determinato asse che passa per i poli celesti, nord e sud. Un meridiano è, per
          definizione, qualsiasi cerchio massimo che passi per questi poli. Orbene, in ogni punto
          della  superficie  terrestre  la  direzione  della  gravità,  determinata  dal  filo  a  piombo,
          interseca la sfera celeste in due punti: lo zenit situato al di sopra dell’osservatore e il
          nadir, situato al di sotto. Il cerchio massimo che passa per i poli e per lo zenit e il nadir
          si  chiama  meridiano  locale.  È  caratterizzato  dal  fatto  di  dividere  in  due  parti  uguali
          l’orizzonte, l’equatore e i paralleli, a cui è perpendicolare. L’asse del mondo lo divide in
          due  parti  uguali;  quella  che  contiene  lo  zenit  si  chiama  meridiano  superiore,  quella
          contenente  il  nadir  si  chiama  meridiano  inferiore.  L’istante  in  cui  un  corpo  celeste
          attraversa il meridiano locale divide in due parti uguali il tempo del suo percorso dal

          momento che comincia a est fino a quello in cui si conclude a ovest. Il passaggio di un
          corpo celeste per questo punto è detto culminazione. Se nell’anti-chità il meridiano era
          noto anche come cerchio mesembrino (dal greco mesembrìa, «mezzogiorno») era perché
          ovviamente segnava il mezzogiorno e la mezzanotte locali.
          70  Galileo scopre e descrive qui il fenomeno che chiamiamo librazione. Comincia col
          definire  gli  effetti  della  cosiddetta  librazione  diurna:  dalla  superficie  terrestre
          l’osservatore vede un orlo che non vedrebbe dal centro della Terra. Galileo passa poi a
          descrivere la librazione in latitudine, dovuta all’inclinazione dell’orbita lunare rispetto




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