Page 257 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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eccentrico rispetto al centro geometrico dell’orbita planetaria. In questo caso, però, il
pianeta si muove di moto uniforme rispetto al centro equante e non rispetto al centro
geometrico come accade nel caso dell’eccentrico.
In realtà, fin da Aristotele con la sua cosmologia omocentrica e da Tolomeo con le
Ipotesi dei pianeti, le sfere dei pianeti presentano uno spessore – che possiamo
immaginare composto di strati – che può essere maggiore del diametro del pianeta in
modo da permettergli di avvicinarsi o allontanarsi dalla Terra, nella misura in cui lo
esiga il suo apparente cambiamento di grandezza o di luminosità. Per questo possono
aversi strati della sfera tra il pianeta, in questo caso il Sole, e noi, e in tali strati si
collocherebbero, secondo tali ipotesi, gli astri-macchie solari. Perciò, se il periodo
orbitale delle macchie è diverso da quello degli strati che avvolgono il corpo del Sole,
esse possono apparire e scomparire sullo sfondo del Sole stesso.
55 Si tratta delle lettere pubblicate con il titolo di Istoria e dimostrazioni intorno alle
macchie solari…, di cui abbiamo parlato nella nota 52.
56
Edificio ateniese dove si mantenevano, a spese del pubblico erario, i cittadini
meritevoli.
57 Ironia a parte, non c’è qui nessuna esagerazione. Come si può vedere
nell’Introduzione, pp. 18 ss., i gesuiti, massimi protagonisti della politica culturale
controriformistica, tramite la loro Ratio studiorum avevano stabilito una duplice identità
tra filosofia e difesa della fede, e tra filosofia e scolastica aristotelica. Nella lezione
inaugurale del corso del 1623-1624 – e possiamo pensare che il messaggio avesse
qualche rapporto con la nuova filosofia proposta nel Saggiatore di Galileo recentemente
pubblicato – il Collegio Romano proclamava, come racconta Virginio Cesarini a
Galileo, che «fuori di Aristotele non c’è verità alcuna» (Opere, XIII, p. 107). Nella
lezione inaugurale del seguente anno accademico, il padre Spinola aveva proclamato
che «la filosofia degna dell’uomo cristiano è pertanto quella posta al servizio della
Teologia», e nella quale bisognava «abbandonare le invenzioni delle opinioni nuove e
abbracciare il parere confermato dalla testimonianza degli autori». Il primo di questi era
naturalmente Aristotele, e Spinola condannava con forza la pretesa di costruire «una
nuova fabbrica dell’umana sapienza» (cit. da Redondi, 1983, pp. 162-166). Appare
difficile non collegare il testo di Galileo con quello che ho appena citato.
Quest’immagine architettonica riapparirà però in bocca ai nemici di Galileo. Poco prima
che si pubblicasse il Dialogo, era stata usata dal padre Orazio Grassi con un tono che
non si prestava assolutamente a ironie. Nel suo sermone del Venerdì Santo del 18 aprile
1631, pronunciato nella Cappella Sistina, Grassi, rappresentante delle tendenze più
conservatrici della Controriforma, rimproverava al papa la sua eccessiva tolleranza
verso i nemici della fede. «Dobbiamo piangere, Beatissimo Padre, un’immane
distruzione e un’immensa rovina. L’edificio che con le sue mani la Sapienza Divina
aveva eretto, quel tempio eterno della pace fra Dio e gli uomini è demolito da empi
predoni, distrutto, raso al suolo. Quanto è veramente atroce assistere alla scena
dell’imminente rovina. Quegli strumenti, quelle leve, quelle macchine, gli operai, tutto è
apparecchiato e pronto per l’immane opera distruttiva […]. I custodi del Tempio, nuovi
Leviti, dormono un sonno profondo […]. Ma il terrore li scuote ora dal loro sonno
profondo. La turba dei furibondi predoni si avanza […]. Già il velo del tempio, al
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