Page 254 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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meticolosamente  studiata,  anche  dal  punto  di  vista  astrologico,  da  Tycho  Brahe,  che
          convinse la maggior parte dei migliori astronomi del tempo che senza dubbio si trovava
          nel mondo sopralunare. Maestlin e Digges se ne servirono come argomento in favore del
          copernicanesimo.  Ma  fu  soprattutto  in  combinazione  con  gli  studi  della  cometa  del
          1577,  da  Tycho  collocata  del  pari  nel  mondo  sopralunare,  che  ebbe  maggior  effetto.
          Queste  scoperte  esigevano  l’abbandono  della  teoria  dell’ingenerabilità  e  immutabilità
          del mondo celeste. Se quella del 1572 è la nova di Tycho, quella del 1604, che apparve
          prossima  alla  congiunzione  di  vari  pianeti  e  in  coincidenza  con  essa,  è  la  nova  di
          Keplero, che la studiò particolareggiatamente, confrontandola con quella del 1572. Cosa
          interessante per noi, la nova del 1604 fu praticamente il primo fatto astronomico su cui

          Galileo intervenne direttamente. Su di essa tenne tre lezioni e scrisse alcune lettere, ma a
          noi sono giunti soltanto due brevi frammenti (Opere, II, pp. 277-288, 281 e X, pp. 134-
          155). Ci consta che, oltre a conoscere l’apparizione della nova del 1604, Galileo chiese
          informazioni  ad  astronomi  in  altre  città  italiane  nel  tentativo  di  stabilire  se  la  nuova
          stella  presentasse  parallasse,  senza  però  riuscire  a  stabilirlo.  Di  solito  si  era  dato  per
          scontato che quella nova avesse rafforzato le convinzioni copernicane che Galileo aveva
          già affermato di aver fatto proprie; ma Drake, al termine di una delle sue ricostruzioni,
          ipotizza che quell’insuccesso abbia fatto perdere a Galileo la fede nel copernicanesimo
          fino al 1610 (Drake, 1988, p. 167).
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             Antitichone – vale a dire Anti-Tycho o Contro Tycho Brahe – è un’opera di Scipione
          Chiaramonti  (1565-1652)  pubblicata  nel  1621,  nella  quale  egli  contestava  la  tesi  di

          Tycho Brahe e l’opinione del gesuita Orazio Grassi che la accoglieva, che le comete si
          muovessero sopra la sfera della luna. Circa l’opera di Chiaramonti e la sua importanza
          nella genesi del Dialogo, si veda la mia Introduzione, pp. 68 ss.
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             La parallasse è l’angolo sotto il quale si vede un corpo celeste osservato da vari punti
          della  superficie  terrestre  (parallasse  diurna)  o  da  vari  punti  dell’orbita  terrestre
          (parallasse annua).
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              Nel  1618  apparvero  tre  comete,  che  furono  fatte  oggetto  di  numerosi  studi  e
          pubblicazioni.  In  una  delle  sue  lezioni  pubblicata  anonima,  il  gesuita  Orazio  Grassi,
          professore di matematiche del Collegio Romano, faceva sue le tesi di Tycho Brahe circa
          la cometa del 1577 e collocava la più luminosa delle tre, quella del 1618, nel mondo
          celeste, tra la Luna e il Sole. Si mormorava che i gesuiti vedessero in quegli astri una
          confutazione del sistema copernicano, e a Galileo era stato chiesto di esprimere la sua

          opinione in merito. E così, sebbene nel momento dell’apparizione delle comete Galileo
          fosse  malato  e  non  in  grado  di  compiere  osservazioni,  dettò  al  suo  discepolo  Mario
          Guiducci il Discorso delle comete. Esso fu contestato da Grassi nella Libra Astronomica
          ac Philosophica, pubblicata nel 1619 con lo pseudonimo di Lotario Sarsi. Fu allora che
          Galileo replicò scrivendo il Saggiatore; per difendere il copernicanesimo, affermava che
          le  comete  erano  fenomeni  ottici  causati  dalla  rifrazione  della  luce  del  Sole  in  vapori
          atmosferici,  in  altre  parole  affermava  che  erano  sublunari:  uno  sfortunato  errore  che
          collocava Galileo accanto ad Aristotele e lo sprofondava in un mare di contraddizioni.
          Sembrerebbe che qui, focalizzandosi sul tema della «corruttibilità» o «incorruttibilità»
          dei cieli, Galileo prenda le distanze da quella tesi. Ma la marginalità dell’indecisione o
          indifferenza nei confronti dell’una o dell’altra tesi, qui palesata da Galileo, non induce a




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