Page 249 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Tuttavia le prove disponibili, nella misura in cui i manoscritti possono considerarsi tali,
confermano che questi calcoli sono completamente errati e che in nessun caso si può
affermarsi che la loro coincidenza con i dati di fatto risulti «cosa meravigliosa», come
dice Galileo.
29 Il testo in parentesi quadra che qui comincia corrisponde a un’aggiunta scritta, a
questo punto, dallo stesso Galileo nell’esemplare menzionato di sua proprietà.
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Galileo scrive le «sensate esperienze» al plurale. Di qui un problema di difficile
soluzione, in relazione alle due grandi interpretazioni classiche dell’opera galileiana,
quella «sperimentalista», oggi rappresentata in termini radicali da Stillman Drake, e
quella «razionalista» di Alexandre Koyré. La forma plurale dell’espressione sembra che
ci autorizzi, o forse ci obblighi a interpretarla, non già nel senso di «esperienza», bensì
in quello di «esperimento». Credo che, in altri casi, sia questa una versione possibile e
corretta. Orbene, dato che oggi si è già introdotta una assai chiara distinzione tra
«esperienza» ed «esperimento» (Koyré, 1977, p. 275), molte delle osservazioni o
situazioni sperimentali descritte da Galileo nel corso della sua opera, ben difficilmente
possono considerarsi esperimenti in senso stretto, bensì semplicemente osservazioni
acute e, dal momento che Galileo usa un unico termine, credo sia meglio interpretare il
termine «esperienze» appunto come tali. Del resto, in generale il contesto indica, con
sufficiente chiarezza, il senso più attendibile. Ciò detto, a mio parere è chiaro che, nel
testo in esame, Galileo si riferisce alla [evidenza del]la esperienza sensibile e che questo
è anche il significato dell’espressione «il senso». È questa, in effetti, l’«esperienza»
rivendicata da Aristotele e dall’aristotelismo, quella che, non dimentichiamolo, è difesa
da Simplicio, che è colui che in questo passo sta parlando. Ritengo inoltre che sarebbe
oltretutto contraddittorio mettere in bocca a Simplicio la difesa degli «esperimenti». Nel
corso dell’opera, è quasi sempre questi a rivendicare il valore dell’esperienza nel senso
di un’informazione immediata fornita dai sensi, mentre Salviati, vale a dire Galileo, pur
rivendicando, come è evidente, la necessità dell’esperienza, mette in discussione questa
immediatezza e insiste sulla complessità del rapporto esperienzateoria e sull’ingenuità di
questo empirismo aristotelico. Mi permetto di rinviare, per lo sviluppo di questo
problema, ad A. Beltrán, 1983, pp. 111-138.
31 Versione latina del principio che si può trovare già formulato in Aristotele, De caelo,
I, 3, 270a 11. Lo si può interpretare come «lo stesso ragionamento si applica al tutto e
alle sue parti». In questo contesto, tale principio dimostrerebbe che ciò che è certo
quanto alle parti dei due elementi terra e fuoco – che cioè il loro movimento naturale è
rettilineo rispettivamente verso il basso (o verso il centro) e verso l’alto (o dal centro) –
lo sarà anche per tali elementi in quanto parti di un tutto.
Per quanto riguarda le altre espressioni latine, deorsum significa «verso il basso»;
sursum «verso l’alto»; ad medium «verso il centro»; e a medio «in allontanamento dal
centro».
32 È impossibile vedere qui un’anticipazione di idee newtoniane, quanto piuttosto la
continuazione di una tradizione che potremmo considerare platonica. Nel Timeo, 63,
Platone sembra proporre una teoria secondo la quale la gravità consisterebbe in un caso
del principio generale secondo il quale «il simile attrae il simile». Aristotele infatti
aveva pensato la possibilità esposta più avanti da Galileo il quale, naturalmente, la
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