Page 250 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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respingeva perché, come abbiamo visto, il luogo naturale, in questo caso il centro
dell’universo, è dotato di certi poteri: «… il muoversi verso il proprio luogo è per ogni
corpo come un muoversi verso la propria forma; e così andrebbe inteso il detto degli
antichi che il simile tende verso il suo simile. Ma non è che accada sempre così: se
infatti si trasferisse la Terra dove si trova la Luna, ogni sua parte si muoverebbe non
verso il proprio luogo, bensì verso la Terra dove ora si trova» (De caelo, IV, 3, 310b 1-
5). In Aristotele, come abbiamo già detto, la Terra si trova al centro dell’universo perché
è questo il luogo naturale dei corpi pesanti. Ne deriva che, indipendentemente dal fatto
che la Terra fosse spostata dal suo sito, il corpo pesante, in concreto quello costituito
dall’elemento Terra, continuerebbe a tendere verso il centro dell’universo. La gravità,
pertanto, è un rapporto di inclinazione di una determinata categoria di corpi – i pesanti –
verso un determinato sito o luogo. Durante il Medioevo, soprattutto dopo le condanne
del 1277, e in rapporto a questioni teologiche, la discussione circa l’ipotesi della
pluralità o infinità dei mondi, coesistenti con il nostro, indusse autori come Oresme a
ipotizzare la possibilità che gli elementi pesanti di ogni mondo avessero inclinazione a
muoversi verso il centro di gravità del loro proprio mondo, o anche verso il centro di
gravità del mondo più vicino, indipendentemente dalla loro provenienza (Oresme, Le
livre du Ciel et du Monde, a cura di A.D. Menut e A.J. Denomy, in Medieval Studies,
1941, pp. 243-244). Oresme infatti era qui propenso ad accettare il principio che il
simile attrae il simile (inclinatio ad suum simile), e pertanto spiegava la gravità come un
rapporto tra parti simili di uno stesso corpo. Anche in Copernico si ritrova questa idea,
però con nuove e importanti implicazioni. Dopo aver fatto notare che i movimenti
apparenti dei pianeti e le loro distanze variabili mostrano che la Terra non è il centro di
tutte le loro rivoluzioni, aggiunge: «Poiché esistono, dunque, vari centri, anche per quel
che riguarda il centro del mondo non sarà azzardato dubitare che esso sia quello della
gravità terrestre o un altro. Per parte mia, credo che la gravità non sia altro che una certa
brama naturale, attribuita alle parti dalla divina provvidenza dell’artefice di tutte le cose,
affinché si riuniscano nella loro unità e integrità congiungendosi in forma di globo. E
questa inclinazione è credibile sia insita anche nel Sole, nella Luna e negli altri
splendori erranti, cosicché per la sua efficacia essi restano in quella rotondità con cui si
presentano, sebbene in molti modi effettuino i loro circuiti. (De revolutionibus, I, 9;
trad. it. di C. Vivanti, in Copernico, 1975, p. 83). Se esaminiamo la formulazione di
Galileo potremmo pensare che vi sia citato, pur senza menzionarlo, il testo di
Copernico. Sta di fatto che con la tesi copernicano-galileiana ci ritroviamo, per così dire,
nella tradizione platonica che si basa sul principio dell’attrazione del simile a opera del
simile e non nella tradizione newtoniana secondo la quale la gravitazione è un’attrazione
tra qualsivoglia categoria di corpi. Sicché, la teoria di Newton è completamente diversa
sia da quella aristotelica sia da quella galileiana.
33 Tra i Frammenti ce n’è uno assai esplicito in proposito: «Le parti della Terra hanno
tal propensione al centro di essa, che quando ella cangiasse luogo, le dette parti (benché
lontane dal globo nel tempo della mutazione di esso) la seguirebbero per tutto: esempio
di ciò sia il seguito perpetuo delle Medicee, ancor che separate continuamente da Giove.
«L’istesso si deve dir della Luna, obbligata a seguir la Terra: il che serva per i semplici,
che hanno renitenza a capire come questi 2 globi, non sendo legati insieme con una
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