Page 191 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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peripatetica  sopraffare da uno o dua, che faccino un poco di strepito;
            inalterabile. anzi  non  pure  col  voltargli  contro  le  punte  delle  lor

                               penne, ma col solo silenzio, gli metteranno in disprezzo e
          derisione appresso l’universale. Vanissimo è il pensiero di chi credesse

          introdur  nuova  filosofia  col  reprovar  questo  o  quello  autore:  bisogna
          prima  imparare  a  rifar  i  cervelli  degli  uomini,  e  rendergli  atti  a
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          distinguere il vero dal falso, cosa che solo Dio la può fare.  Ma d’un
          ragionamento  in  un  altro  dove  siamo  noi  trascorsi?  io  non  saprei

          ritornare in su la traccia, senza la scorta della vostra memoria.
          SIMP.  Me  ne  ricordo  io  benissimo.  Eramo  intorno  alle  risposte

          dell’Antiticone  all’obbiezioni  contro  all’immutabilità  del  cielo,  tra  le
          quali voi inseriste questa delle macchie solari, non toccata da lui; e credo

          che voi voleste considerar la sua risposta all’instanza delle stelle nuove.
          SIMP. Or mi sovviene il restante; e seguitando la materia, parmi che nella
          risposta dell’Antiticone sieno alcune cose degne di riprensione. E prima,

          se le due stelle nuove, le quali e’ non può far di manco di non por nelle
          parti  altissime  del  cielo,  e  che  furono  di  lunga  durata  e  finalmente

          svanirono, non gli danno fastidio nel mantener l’inalterabilità del cielo,
          per  non  esser  loro  parti  certe  di  quello  né  mutazioni  fatte  nelle  stelle

          antiche, a che proposito mettersi con tanta ansietà ed affanno contro le
          comete,  per  bandirle  in  ogni  maniera  dalle  regioni  celesti?  non

          bastav’egli  il  poter  dir  di  loro  quel  medesimo  che  delle  stelle  nuove?
          cioè che per non esser parti certe del cielo né mutazioni fatte in alcuna
          delle sue stelle, nessun progiudizio portano né al cielo né alla dottrina

          d’Aristotile?  Secondariamente,  io  non  resto  ben  capace  dell’interno
          dell’animo suo, mentre che e’ confessa che le alterazioni che si facessero

          nelle  stelle  sarebber  destruttrici  delle  prerogative  del  cielo,  cioè
          dell’incorruttibilità etc., e questo, perché le stelle son cose celesti, come
          per il concorde consenso di tutti è manifesto; ed all’incontro, niente lo

          perturba quando le medesime alterazioni si facessero fuori delle stelle,
          nel  resto  della  celeste  espansione.  Stim’egli  forse  che  il  cielo  non  sia

          cosa celeste? io per me credeva che le stelle si chiamassero cose celesti
          mediante l’esser nel cielo o l’esser fatte della materia del cielo, e che

          però il cielo fusse più celeste di loro, in quella guisa che non si può dire
          alcuna cosa esser più terrestre o più ignea della terra o del fuoco stesso.

          Il non aver poi fatto menzione delle macchie solari, delle quali è stato
          dimostrato concludentemente prodursi e dissolversi ed esser prossime al





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