Page 189 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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quello scorciare, che è argomento necessario dell’esser contigue al Sole.
Quello che ci è del ritorno delle medesime macchie, non è altro che quel
che pur si legge nelle sopraddette Lettere, cioè che alcune di esse può
esser talvolta che siano di così lunga durata, che non si disfacciano per
una sola conversione intorno al Sole, la quale si spedisce in meno di un
mese.
SIMP. Io, per dire il vero, non ho fatto né sì lunghe né sì diligenti
osservazioni, che mi possano bastare a esser ben padrone del quod est di
questa materia; ma voglio in ogni modo farle, e poi provarmi io ancora
se mi succedesse concordare quel che ci porge l’esperienza con quel che
ci dimostra Aristotile, perché chiara cosa è che due veri non si posson
contrariare.
SALV. Tuttavolta che voi vogliate accordar Del cielo per la gran
quel che vi mostrerà il senso con le più salde
lontananza non si può
dottrine d’Aristotile, non ci averete una fatica resolutamente parlare,
al mondo. E che ciò sia vero, Aristotile non
per Aristotile.
dic’egli che delle cose del cielo, mediante la
gran lontananza, non se ne può molto resolutamente trattare?
SIMP. Dicelo apertamente.
SALV. Il medesimo non afferm’egli che quello che
Il senso prevale al
l’esperienza e il senso ci dimostra, si deve discorso, per
anteporre ad ogni discorso, ancorché ne paresse
Aristotile.
assai ben fondato? e questo non lo dic’egli
resolutamente e senza punto titubare?
SIMP. Dicelo.
SALV. Adunque di queste due proposizioni, che sono ambedue dottrina
d’Aristotile, questa seconda, che dice che bisogna anteporre il senso al
discorso, è dottrina molto più ferma e risoluta
Cielo può dirsi
che l’altra, che stima il cielo inalterabile; e però alterabile con
più aristotelicamente filosoferete dicendo «Il
dottrina più conforme
cielo è alterabile, perché così mi mostra il ad Aristotile di
senso», che se direte «Il cielo è inalterabile,
quella nella quale
perché così persuade il discorso ad Aristotile». si fa inalterabile.
Aggiugnete che noi possiamo molto meglio di
Aristotile discorrer delle cose del cielo, perché, confessando egli cotal
cognizione esser a lui difficile per la lontananza da i sensi, viene a
concedere che quello a chi i sensi meglio lo potessero rappresentare, con
sicureza maggiore potrebbe intorno ad esso
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