Page 153 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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mobile in quel tal tempo: e però, prima che venire
          ad altro, cercherò di rimovervi questo scrupolo; che doverà esser agevol

          cosa,  mentre  io  vi  replico  che  il  mobile  passa  per  i  detti  gradi,  ma  il
          passaggio  è  fatto  senza  dimorare  in  veruno,  talché,  non  ricercando  il

          passaggio  più  di  un  solo  instante  di  tempo,  e  contenendo  qualsivoglia
          piccol  tempo  infiniti  instanti,  non  ce  ne  mancheranno  per  assegnare  il

          suo a ciascheduno de gl’infiniti gradi di tardità, e sia il tempo quanto si
          voglia breve.

          SAGR. Sin qui resto capace: tuttavia mi par gran cosa che quella palla
          d’artiglieria (che tal mi figuro esser il mobile cadente), che pur si vede
          scendere  con  tanto  precipizio  che  in  manco  di  dieci  battute  di  polso

          passerà  più  di  dugento  braccia  di  altezza,  si  sia  nel  suo  moto  trovata
          congiunta con sì picciol grado di velocità, che, se avesse continuato di

          muoversi  con  quello  senza  più  accelerarsi,  non  l’averebbe  passata  in
          tutto un giorno.
          SALV.  Dite  pure  in  tutto  un  anno,  né  in  dieci,  né  in  mille,  sì  come  io

          m’ingegnerò di persuadervi, ed anco forse senza vostra contradizione ad
          alcune  assai  semplici  interrogazioni  ch’io  vi  farò.  Però  ditemi  se  voi

          avete  difficultà  nessuna  in  concedere  che  quella  palla,  nello  scendere,
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          vadia sempre aquistando maggior impeto e velocità.
          SAGR. Sono di questo sicurissimo.

          SALV. E se io dirò che l’impeto aquistato in qualsivoglia luogo del suo
          moto sia tanto che basterebbe a ricondurla a quell’altezza donde si partì,

          me lo concedereste?
                                         SAGR.  Concedere’  lo  senza  contradizione,
            Il mobile grave

            scendendo acquista           tuttavolta  che  la  potesse  applicar,  senz’esser
                                         impedita,  tutto  il  suo  impeto  in  quella  sola
            impeto bastante

            a ricondursi in              operazione,  di  ricondur  sé  medesima,  o  altro
                                         eguale  a  sé,  a  quella  medesima  altezza:  come
            altrettanta altezza.
                                         sarebbe se la Terra fusse perforata per il centro, e

          che,  lontano  da  esso  cento  o  mille  braccia,  si  lasciasse  cader  la  palla;
          credo sicuramente che ella passerebbe oltre al centro, salendo altrettanto
          quanto scese: e così mi mostra l’esperienza accadere d’un peso pendente

          da una corda, che rimosso dal perpendicolo, che è il suo stato di quiete, e
          lasciato  poi  in  libertà,  cala  verso  detto  perpendicolo  e  lo  trapassa  per

          altrettanto spazio, o solamente tanto meno quanto il contrasto dell’aria e
          della corda o di altri accidenti l’impediscono. Mostrami l’istesso l’acqua,





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