Page 110 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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               Nel  seguente  testo  del  Dialogo  sono  presenti  insieme  le  due  innovazioni  che
          separatamente  appaiono  più  volte.  «Accresce  l’inverisimile  (e  sia  il  sesto
          inconveniente), a chi più saldamente discorre, l’essere inescogitabile qual deva esser la
          solidità di quella vastissima sfera, nella cui profondità sieno così tenacemente saldate
          tante stelle, che senza punto variar sito tra loro, concordemente vengono con sì gran
          disparità  di  moti  portate  in  volta:  o  se  pure  il  cielo  è  fluido,  come  assai  più

          ragionevolmente  convien  credere,  sì  che  ogni  stella  per  se  stessa  per  quello  vadia
          vagando, qual legge regolerà i moti loro ed a che fine, per far che, rimirati dalla Terra,
          appariscano come fatti da una sola sfera?», Opere, VII, p. 146.
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               Copernico  (1975),  lib.  I,  cap.  8,  p.  75.  Si  noti  che  già  in  Copernico  sembrano
          sussistere dubbi sull’esistenza della sfera del fuoco, e l’astronomo accenna infatti alla
          possibilità che la parte superiore dell’aria segua il movito celeste, cosa che lo induce a
          pensare che confini con la sfera della Luna. E quando, qualche riga più sotto, parla del
          fuoco terrestre che sale verso l’alto, ci dice che «langue immediatamente», non già che
          vada verso un sito che sia suo proprio o naturale.
          143  Opere, VII, p. 168.

          144  Ibid.
          145  Opere, VII, p. 463.
          146  Opere, VII, pp. 442-443.
          147  H.I. Brown, «Galileo, the Elements, and the Tides», in Studies in the History and

          Philosophy of Science, 7, 1976, n° 4, pp. 337-351.
          148
              Brown, ibid., pp. 349 e 350.
          149
              Opere, VII, pp. 464 ss.
          150
              Opere, VII, pp. 209 e 463, dove Galileo si pone esplicitamente questa difficoltà ma,
          prima di affrontarla, la dimentica.
          151  Opere, XIV, p. 54. Il testo di questa lettera è citato più ampiamente nella nota 28 alla

          Giornata quarta.
          152
              Clavelin, 1968, p. 243.
          153
               Opere,  VII,  pp.  193-194.  Per  tale  ragione  la  trattazione  di  questo  caso  viene
          rimandata a più tardi, dopo la replica a tutte le altre obiezioni.
          154  Opere, VII, p. 194.
          155  Opere, VII, pp. 209-210.

          156  Opere, VII, p. 210.
          157  Opere, VII, p. 210.
          158  Opere, VII, p. 211.
          159  Opere, VII, p. 212.

          160  Opere, VII, pp. 213-214.
          161  Opere, VII, p. 168.
          162  Opere, VII, p. 169. Non desidero estendere inutilmente la citazione in questa sede, e

          d’altra  parte  la  continuazione  del  testo  non  ha  interesse  per  l’argomento  che  stiamo
          sviluppando. Comunque, vi si dice che un caso più adeguato sarebbe quello di un’aquila
          che, travolta dall’impeto del vento, lasciasse cadere dalle grinfie una pietra. Come si


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