Page 106 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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movimento attribuito alla Terra da Copernico, e descrive la Terra dicendo che è un
corpo pensile e sospeso in un mezzo liquido e sottile, Opere, VI (paragrafo 40), p. 326.
Già negli Juvenilia, infatti, si fa allusione, per ragioni teologiche, alla possibile
corruttibilità del mondo celeste e si discute ampiamente la natura della materia celeste
senza giungere a una precisa conclusione. È chiaro, come ho detto sopra, che la nova del
1572 e l’opera di Tycho Brahe avevano lasciato il segno tra i matematici gesuiti ai quali
qui Galileo si appoggiava. Si veda, per quest’ultimo punto, Wallace, 1977.
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Opere, II, pp. 179-180.
99
Opere, V, pp. 134-135.
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Come si vede, già nel De motu il movimento circolare gode di uno status privilegiato
che nel Dialogo verrà riformulato e ripetutamente rafforzato. Abbiamo già detto che
Copernico racconta di avere iniziato la sua radicale trasformazione dell’astronomia
perché questa non era stata in grado di rispettare i dogmi platonici, i quali richiedevano
che i capricciosi movimenti dei pianeti si spiegassero mediante moti circolari e
uniformi. In Copernico, questa concezione del moto circolare è fondamentale non
soltanto nel campo dell’astronomia tecnica, bensì anche in fisica e in cosmologia.
Avendo eliminato il primum mobile, il motore che nella teoria geocentrica avviava e
comunicava il movimento all’intero meccanismo dell’universo con i suoi pianeti,
bisognava trovargli un sostituto, ed esso fu la sfericità – che si apparenta alla circolarità
nello spazio –: i pianeti si muovono perché sono infissi in sfere materiali che si
muovono per il fatto di essere sfere (Cfr. l’introduzione di Koyré a Copernico, 1965, p.
27). Galileo, come vedremo, pur restando indeciso, comincia a sospettare che i moti dei
pianeti abbiano altre cause. In ogni caso, tuttavia, condivide la concezione platonico-
copernicana che concede uno status privilegiato al movimento circolare. Questo e altri
argomenti simili, come le idee di una maggiore semplicità e armonia, furono decisivi
nell’adozione del copernicanesimo, o nella conversione a esso, da parte di Galileo,
ancor prima che possedesse argomenti più solidi in suo favore ai quali sarebbe
approdato successivamente. Si ricordi la tesi di Kuhn: «Ma soltanto astronomi che
attribuissero maggiore importanza all’eleganza qualitativa che alla precisione qualitativa
(e ve ne furono alcuni, fra cui Galileo), potevano considerare questo un argomento
convincente di fronte al complicato sistema di epicicli ed eccentrici elaborato nel De
revolutionibus» (Kuhn, 1972, p. 221). Tuttavia, sia che le tesi di Galileo che stiamo
passando qui in rassegna costituissero dei gradini nel suo processo di convincimento e
adozione della teoria copernicana, sia che fossero le fasi del processo di consolidamento
e giustificazione della teoria stessa, pare evidente che svolsero un ruolo importante in
tale processo.
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Opere, X, p. 170. Si noti la rottura concettuale che questa definizione comporta
rispetto a quella aristotelica, secondo la quale il movimento è «l’attuazione di ciò che è
in potenza in quanto in potenza», Fisica, III, 1, 201b 5. Quando Cartesio diceva di non
comprendere questa definizione, stava dando chiara espressione a questo cambiamento.
È ovvio che già con Galileo ci troviamo in un contesto concettuale radicalmente diverso
da quello aristotelico, che utilizza un altro apparato categoriale. Le coppie ontologiche
«atto-potenza», «materia-forma», sono scomparse e con esse tutta la metafisica
aristotelica alla quale erano legate. A Galileo basta far ricorso al rapporto spaziale. Il
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