Page 109 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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intento a collocare la materia più densa nel centro del mondo, dopo aver
meravigliosamente ordinato il mondo sopralunare, può portarci a chiedere se per caso
non abbiamo qui il modello che, nel sistema eliocentrico, si applicherà ai pianeti e non
soltanto agli elementi del mondo sublunare. Sia come sia, mi sembra evidente che
questo testo possa essere collocato nella preistoria del mito platonico-galileiano dei
pianeti che cadono verso la loro orbita, quale appare nella Giornata prima e che, come
vedremo, è stato oggetto di molte discussioni.
D’altro canto, è indubbio l’interesse di questo testo per la preistoria della «Teoria della
Terra» che andrà sviluppandosi a partire da Cartesio e, soprattutto, da Thomas Burnet.
Esther Artigas, mi ha fatto notare che Ovidio nelle Metamorfosi (I, 5-9) si serve del
termine indigesta per indicare il disordine della sfera caotica iniziale, della quale dice
anche che era null’altro che «pondus iners, peso inerte». E laddove, un po’ più avanti
(Ibid., I, 29-30), Ovidio parla della formazione degli elementi, dice che la terra,
densiora, cioè più densa degli altri elementi, si rassodò a causa della sua gravità. Tutto
questo senza dubbio conferisce ancor maggiore interesse al testo galileiano in rapporto
alla «Teoria della Terra».
129 Lettera a Ingoli del 1624, Opere, VI, p. 526.
130 Opere, VI, p. 518.
131 Opere, VII, p. 347.
132 Opere, VII, p. 315.
133 Opere, XVIII, pp. 293-294. Il termine frustratoria ha certo il significato di
frustrante, ma senza dubbio esprime anche perfettamente lo stato d’animo di Galileo. Si
vedano le pagine che questi dedica all’argomento in Koyré, 1970, pp. 76 ss.
134 Opere, VII, p. 43.
135 Quello che in realtà troviamo qui è una negazione ancora più decisa che nel Dialogo,
dell’esistenza della sfera del fuoco: «Or ecco, e dal Sarsi e da me, fatto un gran
dispendio di parole in cercar se la solida concavità dell’orbe lunare, che non è al mondo,
movendosi in giro, la qual già mai non s’è mossa, rapisce seco l’elemento del fuoco, che
non sappiamo se vi sia, e per esso l’essalazioni, le quali perciò s’accendano e dien fuoco
alla materia della cometa, che non sappiamo se sia in quel luogo e siamo certi che non è
robba ch’abbruci», Opere, VI (paragrafo 40), pp. 329-330. Non voglio affermare con
questo che noi stessi non riscontriamo incompatibilità, voglio semplicemente dire che
Galileo non le vede.
136 Nel testo del Saggiatore in cui si pone il problema se la cometa abbia la stessa
«sostanza o materia» dei pianeti, Galileo dice in merito che: «Questa si può credere
esser solidissima, ché così ne persuade in particolare e quasi sensatamente la Luna, ed in
universale la figura terminatissima ed immutabile di tutti i pianeti», Opere, VI, p. 275.
137
Opere, VII, p. 125. Da ciò, ossia, dal fatto che lì non piova, e dal suo diverso
rapporto con il Sole, Galileo deduce che, anche se la Luna avesse animali e piante,
sarebbero molto diversi dai nostri.
138
Opere, VII, p. 123.
139
Opere, VII, p. 544.
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Clavelin, «Le “Dialogue” ou la conversion rationelle», in Galluzzi, a cura di, 1984,
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