Page 104 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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sostanza, si occupa dei gradi di verosimiglianza e dei metodi di calcolo per spiegare i
fenomeni. Il fatto che fossero disponibili prove mutevoli nei decenni attorno al 1590 e al
1600, basta a spiegare in misura sufficiente i suoi diversi atteggiamenti nei confronti del
geocentrismo e dell’eliocentrismo fino all’anno decisivo, il 1609», Wallace, 1984, p. 37.
89 Per dirla molto in breve, il complesso procedimento che, secondo Drake, Galileo
avrebbe adottato sarebbe stato il seguente: nel 1590-91, a partire da una fisica ancora
tradizionale, Galileo sarebbe un semicopernicano ipoteticista e avrebbe formulato un
sistema geo-eliocentrico, simile cioè a quello di Tycho Brahe, della cui esistenza era
venuto a conoscenza quando progettava di pubblicare le sue idee. Subito dopo avrebbe
aggiunto il moto di rotazione della Terra, migliorando enormemente il sistema ticonico
iniziale. Ciò l’avrebbe portato a convertirsi, nel 1595, in un autentico copernicano grazie
alla sua teoria delle maree, pur trascurando il «terzo movimento» che Copernico
attribuiva alla Terra. L’impossibilità di misurare la parallasse della nova del 1604
avrebbe ridimensionato le sue credenze copernicane, che avrebbe lasciato in sospeso. In
seguito alle scoperte telescopiche del 1610, il suo copernicanesimo avrebbe però trovato
entusiastica conferma, e Galileo sarebbe a questo punto diventato realista. Si ha poi il
passo più sorprendente della tesi di Drake: dal momento che l’accettazione di Galileo
della realtà del movimento terrestre non era sostenuta da una prova concreta, ed egli lo
sapeva, non può sorprendere che, quando nel 1616 la Chiesa gli ordinò di trattare la
teoria copernicana come mera ipotesi, Galileo sia tornato senza nessuna difficoltà alla
sua posizione del 1590, consistente nel considerare l’astronomia copernicana come
puramente ipotetica. «Muovendo dall’assunto gratuito che Galileo fosse un copernicano
entusiasta, gli storici e i filosofi della scienza leggono il suo Dialogo come
un’appassionata difesa del copernicanesimo, anche se oggi sappiamo che era una
dottrina per la quale Galileo non possedeva nessuna prova. E non solo Galileo lo sapeva,
ma l’editto del 1616 vietava la pubblicazione di una prova, casomai esistesse. Quello
che veniva detto “argomento pubblicabile” era permesso, e Galileo si attenne a esso»,
Drake, 1987, specialmente p. 105. Orbene, l’intera argomentazione di Drake approda
alle sue ferme conclusioni in base ad affermazioni come «se sono nel giusto», «deve
presumersi che Galileo avendo letto, nel 1590, Tolomeo e Copernico, non poteva essere
in disaccordo con Copernico per quanto riguarda l’astronomia», «alla luce di questo è
probabile», «mi sembra evidente, ecc.», «è talmente evidente come Galileo sia giunto
alla rotazione diurna della Terra… che oserei dire che si tratta di una conclusione
inevitabile», «[Galileo] difficilmente poté evitare di immaginare», «non trovo nessuna
ragione per», «deve essere esistita una versione originale del capitolo», «se non incorro
in errore», eccetera. Tralascio il problema, sempre spinoso, della datazione di alcuni dei
documenti considerati, benché sia forse necessario sottolineare che qui Drake non solo
presenta interpretazioni più o meno azzardate di manoscritti, ma suppone anche il
contenuto di manoscritti come un «commentario all’Almagesto» del quale non è giunto
fino a noi assolutamente nulla e della cui esistenza sappiamo solo grazie a una frase
marginale scritta a proposito di un problema di ottica. Mi limiterò a dire che la maggior
parte dei passi menzionati riguardano punti oscuri, a volte indecidibili, assai discussi
dagli storici, che in nessun caso risultano evidenti, e che, su buona parte di tali punti, la
maggioranza degli specialisti non sono d’accordo. Inoltre, in nessuno dei più importanti
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