Page 107 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
P. 107
movimento viene a essere definito nell’ambito della geometria, non già della metafisica
o, se si vuole, ci ritroviamo in un’altra metafisica. Koyré si è occupato ampiamente di
queste problematiche e delle limitazioni di Galileo rispetto alla geometrizzazione, tanto
in Koyré, 1977, p. 155 come in Koyré, 1966.
102 Ivi compresa la correzione del falso principio su cui si fondava. In altre parole, nel
1604 Galileo afferma di essere in possesso di un principio indubitabile a partire dal
quale è possibile dedurre che «gli spazii passati dal moto naturale esser in proporzione
doppia dei tempi, et per conseguenza gli spazii passati in tempi eguali esser come i
numeri impari ab unitate, et le altre cose. Et il principio è questo: che il mobile naturale
vadia crescendo di velocità con quella proportione che si discosta dal principio del suo
moto», Opere, II, p. 115. Come si è detto ripetutamente, questo principio è falso. Nei
Discorsi (Opere, VIII, pp. 203-204), Galileo lo mette in bocca a Sagredo per respingerlo
e sostituirlo con il principio vero, secondo il quale la velocità aumenta in proporzione al
tempo e non alla distanza. (Si veda in proposito Koyré, 1980, pp. 76 ss.) Oggi però
sappiamo che nel 1609 Galileo aveva già corretto il suo errore.
103 Nel Sidereus nuncius del 1610, dopo avere esposto la scoperta dei pianeti di Giove e
lo studio delle loro posizioni, Galileo commenta: «Abbiamo inoltre un ottimo ed
eccellente argomento per togliere di scrupolo coloro che, pur accettando con animo
tranquillo nel Sistema Copernicano la rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, sono però
così turbati dalla rotazione della sola Luna intorno alla Terra, mentre intanto ambedue
compiono l’annuo giro intorno al Sole, da ritenere che si debba respingere questa
struttura dell’universo come impossibile». Siderus nuncius, trad. it. di M. Timpanaro
Cardini, Sansoni, Firenze 1948, p. 81.
104
A proposito delle sue osservazioni di Saturno, Galileo faceva alcune precisazioni e
commentava: «Ma, o succedino così per appunto o in altro modo, dico bene a V.S. che
questa stella ancora, e forse non men che l’apparenza di Venere cornicolata, con
ammirabil maniera concorre all’accordamento del gran sistema Copernicano, al cui
palesamento universale veggonsi proprizii venti indirizzarci con tanto lucide scorte, che
ormai poco ci resta da temere tenebre o traversie», Opere, V, p. 238. In privato, era
molto più tagliente. Un anno prima, il 1° gennaio 1611, aveva scritto a Giuliano de’
Medici a proposito delle sue osservazioni delle fasi di Venere commentando che:
«Venere necessariissimamente si volge intorno al Sole, come anco Mercurio et tutti li
altri pianeti, cosa ben creduta da i Pittagorici, Copernico, Keplero et me, ma non
sensatamente provata, come hora in Venere et in Mercurio. Haveranno dunque il Sig.
Keplero et gli altri Copernicani da gloriarsi di havere creduto et filosofato bene, se bene
ci è toccato, et ci è per toccare ancora, ad esser reputati dall’universalità de i filosofi in
libris per poco intendenti et poco meno che stolti», Opere, XI, p. 12.
105 Opere, X, pp. 351-353.
106 Lo attestano le lettere di Giovanni Ciampoli e Virginio Cesarini del gennaio 1623,
nelle quali entrambi dicono di aspettare con ansia l’ampliamento del Discorso (Opere,
XIII, pp. 104 e 107).
107 Lettera del 4 novembre 1623, Opere, XIII, pp. 146-147.
108 Opere, XIII, p. 209.
109 Opere, VI, p. 561.
107