Page 115 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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l’aspetto metodologico, sul quale non è il caso di insistere in questa sede, è davvero un
          peccato che Galileo non abbia avuto modo di provare lo stupore che provano gli uomini
          del Mediterraneo quando assistono a una marea oceanica.
          208
              Opere, VII, p. 209.
          209
              Già nel 1611, Cigoli riferiva a Galileo di avere saputo dell’esistenza di un gruppo –
          che, come lo informò in una lettera successiva, si autodefiniva «lega» – … «una certa
          sciera di malotichi ed invidiosi della virtù et dei meriti di V.S. si ragunano e fanno testa
          in casa lo Arcivescovo, et come arrabbiati vanno cercando se vi possono appuntare in
          cosa alcuna sopra il moto della terra od altro, et che uno di quelli pregò un predicatore
          che lo dovesse dire in pergamo che V.S. dicesse cose stravaganti», Opere, XI, p. 241-
          242. Quella volta non ci riuscirono ma è ovvio che a furia di insistere ottennero che nel
          1612 Lorini denunciasse Galileo come difensore della dottrina di un tale «Ipernico». Si
          veda Santillana, 1960, pp. 114 ss.
          210
              Citato da Santillana, 1960, p. 139.
          211
              L. Firpo, «Il processo di Galileo», in Maccagni, a cura di, 1972, p. 470.
          212
              Lettera di Galileo a F. Cesi dell’8 giugno 1624, Opere, XIII, pp. 182-183.
          213
              Opere, XIX, p. 321.
          214
              Lettera di Sagredo a Galileo del 13 agosto 1611, Opere, XI, pp. 171-172.
          215
              Lettera a Cesi del 15 maggio 1624, Opere, XIII, p. 179.
          216
               Occorre  dire  anche  che  tale  perspicacia,  in  riferimento  al  nostro  tema,  si  spiega
          facilmente:  in  quei  tempi  di  controriforma  e  disordini  politici,  chi  sperasse  in
          concessioni  e  sprecasse  energie  nell’elaborazione  di  teorie  contrarie  alla  tradizione,
          come il copernicanesimo, non poteva aspettarsi niente di buono né dai gesuiti, né dalla
          curia, né dal papa e, se insisteva, non poteva che finire nei guai. L’aspetto degno di nota
          di  queste  diagnosi  è,  com’è  ovvio,  l’analisi  della  situazione  concreta.  La  profonda
          assennatezza  che  la  contraddistingue  è,  a  quanto  sembra,  tanto  elementare  quanto
          difficile  da  accettare:  è  quella  cantata  nell’opera  di  cui  nell’epigrafe  della  presente
          introduzione.
          217
              Lettera a Galileo del 18 settembre 1632, Opere, XIV, p. 390.
          218
              Opere, XVII, p. 290.
          219
              Opere, XVIII, pp. 379-380. Bernard Jacqueline, pronunzio apostolico in Burundi,
          accenna  alla  questione  aggiungendo  che,  nel  1734,  gli  inquisitori  permisero  la
          costruzione di un mausoleo in onore di Galileo, e si sente in dovere di commentare: «Fu
          così che la memoria di Galileo fu riabilitata nel 1734 da papa Clemente XII, che sarebbe
          stato  il  primo  pontefice  a  condannare  la  massoneria  con  due  decreti  del  28  aprile
          1739…» (B. Jacqueline, «L’Eglise et Galilée au siècle des lumières», in Paul Poupard, a
          cura di, 1983, p. 187). A me interessava citare il passo sulla «riabilitazione», ma non ho
          potuto  evitare  di  aggiungere  una  riga  in  più.  Ci  sono  associazioni  che  risulteranno

          familiari al lettore, aiutandolo a orientarsi.
          220
              Opere, XIV, p. 390.
          221
               Si  veda  Georges  J.  Béné,  «Galileé  et  les  milieux  scientifiques  aujourd  hui»,  in
          Poupard, a cura di, 1983, pp. 247-268.
          222  L’esito di questa operazione propagandistica risulta evidente dal momento che ha




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