Page 67 - La filosofia come esercizio spirituale.
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proprio diritto a definirsi “filosofo”.

                  Usando le parole di Achenbach:


                   «[...]  la  questione,  adesso,  non  è  più  se  io  vivo  ciò  che  penso,  ma  se  penso  ciò  che  vivo.  Ma
                   pensando ciò che so, che faccio e che spero, prendendo coscienza di chi sono, metto in discussione
                   la mia vita: ed essa, in tal modo, va avanti e si riavvia. [...] Il filosofo è colui che deve conoscere,
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                   perché vive.»

                  Per recuperare il suo posto nel mondo, dunque, il filosofo deve innanzitutto
               cominciare  a  lavorare  su  se  stesso,  a  mettersi  in  discussione,  a  trovare  dei
               principi  da  seguire  con  i  quali  regolare  la  propria  vita,  adattandosi  alla

               situazione di “solitudine” in cui si trova immerso, poiché se c’è un aspetto che
               accomuna tutti i filosofi antichi è stato il sapersi confrontare con le situazioni
               politiche e sociali in cui si trovavano a vivere.

                  Secondariamente, però, vi deve essere un lavoro per riuscire a ristabilire un
               “contatto  filosofico”  con  il  mondo,  che  consiste  innanzitutto  nell’ampliare  i
               confini  della  filosofia  oltre  quelli  del  mondo  accademico.  Un  compito  non

               certo semplice da attuare e che richiederebbe un lavoro su diversi livelli.
                  Innanzitutto,  occorrerebbe  impegnarsi  a  diffondere  una  maggiore
               consapevolezza  dell’importanza  della  filosofia,  a  partire  proprio  dalle

               istituzioni scolastiche (con particolare riferimento alle scuole superiori). Per
               ora  la  materia  è  appannaggio  soltanto  dei  licei,  così  come  prevedeva  la
               riforma Gentile, studiata all’epoca per fornire gli strumenti mentali e culturali
               alla futura classe dirigente colta, in una prospettiva elitaria del sapere. Ma la

               filosofia, in quanto conoscenza critica sull’uomo e sul mondo, dovrebbe essere
               a  disposizione  di  tutti  ed  è  assurdo,  in  epoca  contemporanea,  propagare
               inconsapevolmente  questa  “discriminazione  del  sapere”  e  pensare  che  per
               vivere sia necessario saper leggere, scrivere, fare i conti, conoscere le nozioni

               basilari di storia e geografia ma non saper “fare filosofia” (e dunque saper
               pensare criticamente).

                  In  tale  prospettiva,  si  dovrebbe  ripensare  l’insegnamento  stesso  della
               materia  all’interno  delle  scuole  superiori,  ancora  ferma  all’impostazione
               storicista gentiliana, che affianca l’insegnamento della filosofia a quello della
               storia  e  che,  di  conseguenza,  riduce  la  filosofia  alla  semplice  “storia  della
               filosofia”,  a  discorso  storico  sul  discorso  filosofico  e  non  a  riflessione  sui

               problemi sollevati dai filosofi del passato. Finché si conserverà tale modello
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