Page 69 - La filosofia come esercizio spirituale.
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altro significato, con la conseguenza che per comprendere la filosofia di
Heidegger bisogna prima imparare il linguaggio di Heidegger, per
comprendere la filosofia di Husserl bisogna prima imparare il linguaggio di
Husserl e se un heideggeriano e un husserliano si parlano è molto probabile
che non si intendano a vicenda.
Un allontanamento dalla concretezza linguistica che si traduce in una
“alienazione verbale” nei confronti della realtà, che separa la filosofia dalla
vita e la rende un privilegio da élite. Un problema che si era già presentato
con la scolastica medievale e il suo rinchiudersi in astratte questioni
metafisiche con un linguaggio criptico, modo di fare criticato già da Cartesio e
Galileo, grandi divulgatori delle proprie idee, grazie anche alla loro scelta di
scrivere in volgare e con una prosa semplice e chiara.
Uno stile di scrittura che era proprio dei filosofi antichi come Epicuro,
Epitteto, Marco Aurelio, Plutarco ed esplicitamente considerato da Seneca
come il più idoneo per filosofare:
«Chi parla mai in punta di penna se non quei tali che vogliono esprimersi con eccessivo
preziosismo? Come il mio conversare, se ci trovassimo insieme seduti o a passeggiare, sarebbe
senza fronzoli, spontaneo e di immediata comprensione, così voglio che siano le mie lettere, che
non hanno nulla di ricercato o innaturale. Se fosse possibile, preferirei far intravedere il mio
pensiero piuttosto che descriverlo a parole. [...] Non intendo che siano espressi con un linguaggio
arido e stentato argomenti così importanti [...] non occorre, però, spendere eccessiva fatica nella
ricerca delle parole. Questa la sostanza del nostro assunto: dire ciò che pensiamo, pensare quel che
diciamo: il linguaggio concordi con lo stile di vita.» 154
Un linguaggio eccessivamente astruso è indice o di confusione mentale o di
una volontaria artificiosità volta a celare, dietro periodi lunghi e contorti, una
“vuotezza di idee”, come sostiene Schopenhauer. 155
Ed è proprio questa modalità di espressione che trasforma la filosofia in
semplice discorso filosofico, creando uno iato non solo tra filosofi e filosofi,
ma soprattutto tra filosofi e non-filosofi. Una frattura che può essere superata
innanzitutto recuperando la distanza tra le parole e le cose che è andata a
crearsi, istituendo un linguaggio filosofico che non rinunci certo ai termini
specialistici ma che non si limiti a rifugiarsi in essi e, allo stesso tempo,
andando incontro alle esigenze dei lettori inesperti, non trascurando l’aspetto
divulgativo, di importanza fondamentale.