Page 71 - La filosofia come esercizio spirituale.
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inconsapevolmente, hanno una teoria filosofica sottesa alle loro azioni.

                  Tale teoria è nascosta ma influisce sull’agire delle persone, nel bene e nel
               male, e può essere chiamata come la personale “visione generale del mondo”.
               Finché  essa  rimane  celata  è  come  se  si  fosse  inconsapevoli  delle  proprie

               azioni, rendendo impossibile analizzarle criticamente e, dunque, migliorarsi.
               In  tale  prospettiva,  il  consulente  filosofico  non  ha  il  ruolo  di  prescrivere
               soluzioni già pronte, applicando un metodo predefinito, ma di aiutare le altre

               persone  a  lavorare  sul  proprio  metodo,  fungendo  da  maieuta  in  grado  di
               portare  alla  luce  la  visione  generale  del  mondo  nascosta  grazie  alla  sua
               capacità, acquisita con lo studio delle visioni generali del mondo degli altri
               filosofi,  di  saper  analizzare  criticamente  i  diversi  modi  di  pensare,
               riuscendone  cogliere  la  meta-struttura  logica  e,  eventualmente,  le  sue

               incongruenze e gli aspetti fallaci.     158

                  Da questo punto di vista il suo ruolo è molto più simile a quello di Socrate
               che  a  quello  di  Epicuro,  Epitteto  e  Seneca  e  degli  altri  filosofi;  di  fatti,
               esattamente  come  Socrate  il  consulente  filosofico  deve  essere  in  grado  di
               indossare la maschera dell’interlocutore, di mimetizzarsi con il suo modo di

               pensare  e  di  analizzarlo  dall’interno  e  non  di  fornirgli  una  soluzione
               preconfezionata ai propri problemi. Un atteggiamento che rende radicalmente
               diversa  la  seduta  filosofica  da  quella  psicanalitica  poiché,  mentre  la  prima
               rispetta  la  libertà  dell’individuo  assumendone  il  sistema  di  pensiero,  la

               seconda  tenta  di  decifrarlo  tramite  strutture  teoriche  già  note  (freudiana,
               junghiana etc.) che risultano però essere limitanti e, spesso, forzate, quando si
               tenta a ogni costo di ricondurre ogni pensiero del paziente a un determinato
               schema psicologico.

                  Inoltre,  come  sottolinea  Pier  Aldo  Rovatti,  la  consulenza  filosofica,  al
               contrario della seduta psicanalitica rifiuta la cultura terapeutica che vede in

               partenza nel paziente un soggetto incapace di portare ordine nella propria vita
               e,  dunque,  un  soggetto  malato  da  curare.  Al  contrario,  lo  spaesamento  e  il
               disagio del consultante non sono sintomi da curare, bensì punti di partenza che
               vanno sviluppati per uscire dalla gabbia della propria visione limitante delle
               cose.  Il  consulente  filosofico  non  deve  offrire  né  consolazioni  né

               normalizzazioni, ma deve aiutare il soggetto a uscire dal “pantano del pensiero
               fossilizzatosi nella mera routine”, portandolo a mettere in dubbio le abitudini
               ormai  assunte  come  dogmi  e  ad  assumere  una  visione  più  generale  della
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