Page 68 - La filosofia come esercizio spirituale.
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ormai antiquato si continuerà a tramandare, anche alle nuove generazioni, la

               concezione errata della filosofia vista come semplice “storia della filosofia”,
               una materia che, agli occhi dei giovani, pare superata poiché sembra non avere
               alcun  contatto  né  con  il  presente  né  con  la  vita,  e  il  filosofo  perderà
               l’occasione di svolgere il suo ruolo più importante: quello di educatore. Un

               ruolo  che  dovrebbe  essere  di  basilare  importanza  soprattutto  quando  ci  si
               trova a contatto con i giovani che cominciano ad affacciarsi al mondo e che
               dovrebbero essere aiutati a sviluppare una coscienza critica. Un’esigenza che
               non è secondaria, considerando che, secondo recenti dati dell’OCSE, in Italia

               il  47%  della  popolazione  è  analfabeta  funzionale,  ossia  lavora,  vota,  si
               informa  e  si  crea  opinioni  seguendo  soltanto  una  capacità  di  analisi
               elementare,  traendo  soltanto  una  comprensione  basilare,  parziale  e
               superficiale degli eventi, formandosi dunque una conoscenze del mondo che

               non va oltre il luogo comune e il sentito dire.       152

                  In  secondo  luogo,  allargare  i  confini  della  filosofia  significa  anche
               ripensare il linguaggio filosofico.
                  Come scrive Massimo Baldini in Contro il filosofese:


                   «Lo sviluppo del linguaggio filosofico ha subito negli ultimi due secoli una accelerazione impetuosa,
                   infatti gli incrementi linguistici effettuati in questo arco di tempo sono stati inferiori di poco se non
                   pari a quelli compiuti nei secoli precedenti a partire da Talete. Questo rapido sviluppo ha fatto sì
                   che siffatto linguaggio specialistico divenisse sempre più difficile da padroneggiare anche da parte
                   degli addetti ai lavori. In breve, sia pure in forma minore, è accaduto nella filosofia ciò che si è
                   verificato  anche  all’interno  dei  linguaggi  tecnico-scientifici,  anch’essi  cresciuti,  in  questi  ultimi
                   decenni, in modo ipertrofico.» 153


                  Ma,  a  dispetto  del  linguaggio  scientifico,  il  linguaggio  filosofico  non
               presenta lo stesso rigore (e non può possederlo) con la conseguenza che sono

               gli stessi specialisti della materia, spesso, a non comprendersi tra loro.
                  Anche  tale  processo  ha  avuto  inizio  nelle  università  in  particolare,  come

               sottolinea  Massimo  Baldini,  con  Fichte,  Schelling,  Hegel  e,  in  generale,
               l’idealismo tedesco, che ha reso l’espressione filosofica qualcosa di prolisso,
               astruso,  spesso  incomprensibile,  nascondendo  i  concetti  sotto  un  manto
               eccessivamente (e inutilmente) esoterico che ne rende incerto il significato. Un

               processo che è proseguito durante il ‘900 per opera di Heidegger, Husserl e
               l’esistenzialismo  francese,  caratterizzati  da  una  necessità  quasi  ossessiva  di
               coniare nuovi termini filosofici dal nulla o di utilizzare le parole correnti con
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