Page 65 - La filosofia come esercizio spirituale.
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tecnologico,  è  pur  sempre  angustiato  dalle  stesse  sofferenze,  dagli  stessi

               bisogni e tormentato dalle medesime paure dell’uomo del passato.
                  Svuotando i modelli filosofici di comportamento delle diverse scuole dagli
               elementi caduchi, cosmologici e mitici dovuti all’inevitabile influenza storica

               e  cultura  è  possibile  riscontrare  l’esistenza  di  “atteggiamenti  permanenti  e
               fondamentali che si impongono a ogni essere umano quando va in cerca della

               saggezza”.   147
                  Vi sono infatti molte analogie tra gli atteggiamenti filosofici dell’antichità
               greca  e  delle  filosofie  orientali  (come  quelle  indiane  e  cinesi),  che  non

               possono essere spiegati dall’influenza storica, data l’assenza di contatti tra le
               culture  evidenziate  durante  lo  sviluppo  del  pensiero  greco,  ma  che  possono
               essere  spiegati  soltanto  come  approcci  all’esistenza  universali.  Ad  esempio
               l’importanza  attribuita  all’indifferenza,  al  distacco  dalle  cose  terrene,  le

               diverse testimonianze del sentimento oceanico presenti sia in India (Induismo,
               Buddhismo, Giainismo) sia in Cina (Confucianesimo, Taoismo), unica strada
               per permettere al proprio animo di emanciparsi dal caduco mondo materiale e
               ritrovare  in  se  stesso  l’autentica  gioia  di  esistere.  A  questo  proposito,  è

               esemplificativo  un  ritratto  del  filosofo  cinese  dato  da  Lin  Yutang,  nel  quale
               sembra di rivedere la figura di un saggio greco:

                   «Il filosofo cinese è uno che sogna con un occhio aperto, che guarda alla vita con amore e con
                   dolce ironia, che mescola al suo cinismo un’amabile tolleranza, che alternativamente si sveglia dal
                   sogno della vita e poi si riappisola di nuovo, sentendosi più vivo quando sogna che quando è desto e
                   quindi riveste la sua vita di desto di un alone da sognatore. Egli vede con un occhio chiuso e l’altro
                   aperto la futilità di molto di quel che accade intorno a lui e degli stessi suoi sforzi, ma conserva
                   solamente il senso di realtà sufficiente per decidere di portare tutto a buon fine. È di rado disilluso
                   perché non ha illusioni, e deluso di rado perché non ha mai assurde speranze. In tal modo il suo
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                   spirito è emancipato.»

                  D’altro  canto,  vi  sono  aspetti  storici  completamente  mutati  che  rendono

               impossibile (e anacronistico) ripetere alcune esperienze della vita filosofica
               che  contraddistinguevano  le  scuole  platoniche,  aristoteliche,  stoiche  ed
               epicuree,  come  quella  della  vita  comunitaria  all’interno  di  una  struttura  di
               proprietà del maestro. Aspetto che può sembrare secondario ma che rendeva

               viva, reale e tangibile la pratica della vita filosofica attraverso un reciproco
               confronto  che  spingeva  i  filosofi  a  migliorarsi  e  a  perfezionare  il  proprio
               comportamento per raggiungere l’agognata saggezza. Un compito che in questo
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