Page 70 - La filosofia come esercizio spirituale.
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Utilizzando una distinzione di Massimo Baldini, il mestiere del filosofo
dovrebbe essere quello di sentinella della società, non di oracolo.
Il filosofo oracolare
«[...] si presenta sulla scena come portatore di verità inscalfibili dal tempo. [...] pensa di aver
trovato non una risposta qualsiasi ma la risposta. [...] è affetto dal complesso del redentore e
ritiene, con grande presunzione, di essere un novello salvatore del pensiero occidentale, oppure
dell’essere o, infine, dei valori. [...] Il filosofo oracolare preferisce le metafore ai concetti, le libere
associazioni ai ragionamenti rigorosi, le generazioni illegittime alle analisi accurate. Tra i due tipi
fondamentali di linguaggio adoperati dai filosofi [...] il filosofo oracolare predilige quello metaforico.
Quest’ultimo non ritiene che tra i suoi doveri ci sia quello di essere comprensibile [...] ama
chiudersi nel suo io linguistico. Eppure, se uno parla soltanto per se stesso, in un linguaggio
comprensibile solo a lui o a pochi iniziati, oppure a poche persone estremamente intelligenti (qualità
che di solito non può essere certificata se non dai suoi stessi possessori) è del tutto inutile che parli,
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o scriva, o pubblichi.»
Al contrario il filosofo sentinella vede la sua vita e il suo pensiero come
una missione nei confronti degli altri, esattamente come Socrate; sa di non
sapere, di non doversi mai appagare delle risposte date da lui stesso, di dover
immergersi nella realtà sociale in cui vive per poterla comprendere e per
poter vigilare su di essa con la propria coscienza critica (l’attività di parresia
di cui parla Focault). E tra i suoi doveri rientra la chiarezza stilistica, da un
lato poiché per toccare la coscienza delle altre persone bisogna riuscire a farsi
comprendere da esse, approcciandosi loro con umiltà, dall’altro perché, come
sostiene Popper, l’intellettuale ha il privilegio e la possibilità di studiare, in
un certo senso è debitore nei confronti dei propri simili e della società e deve
dunque rendere fruibile agli altri il frutto del proprio sforzo, impegnandosi a
diffondere le conoscenze raggiunte. 157
Un atteggiamento socratico da cui riparte anche Achebanch, con il suo
tentativo di reinserire il filosofo nella realtà sociale al di fuori del mondo
universitario tramite la consulenza filosofica.
Essa, così come intesa dall’autore, è una valida alternativa alla psicoterapia
per quelle persone che non hanno particolari problemi psichici ma che,
semplicemente, non riescono a destreggiarsi nella vita. Persone tormentate da
domande alle quali non riescono a trovare risposta e che non riescono a
trovare spazio per loro stesse nella quotidianità.
Compito del consulente filosofico è aiutare il consultante a trovare la
propria via per vivere e lo fa partendo dal presupposto che tutti,