Page 57 - La filosofia come esercizio spirituale.
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esprimeva in un equilibrio psicosomatico tra il corpo e la mente, come attesta,

               ad  esempio,  il  breve  trattato  Consigli  per  mantenersi  in  buona  salute  di
               Plutarco.  131

                  In  secondo  luogo,  la  vita  monastica  risulta  rigidamente  gerarchizzata  e
               presenta, nei confronti dei superiori, una rinuncia totale della propria volontà;
               al contrario, le scuole antiche si sviluppano certamente attorno alla figura di

               un maestro, ma sempre nel rispetto della libertà dei singoli discepoli, aspetto
               estraneo alla inflessibile gerarchia dei monasteri. In questo frangente, Hadot
               accomuna le regole di vita monastiche ai dogmi delle scuole di vita antiche,
               che permettevano al filosofo di avere sempre sotto mano gli insegnamenti da
               seguire. Tuttavia, vi è una differenza sostanziale tra le prime e i secondi. Le

               regole  di  vita  monastiche  servivano  a  scandire  la  giornata  dei  monaci  e
               rispondevano anche all’esigenza pratica di distribuire i compiti. Al contrario,
               i  dogmi  della  filosofia  antica  erano  rivolti  soltanto  all’interiorità  del

               discepolo,  lasciandogli  una  certa  libertà  teoretica  e,  soprattutto,  non
               presentavano la stessa rigidità onnipervasiva dei regolamenti del monastero,
               che invece stabilivano ad ogni ora del giorno l’attività da svolgere.

                  Infine, bisogna tenere conto del lungo processo storico e delle modalità con
               cui il cristianesimo si diffuse, a discapito non solo del paganesimo ma anche
               della filosofia greca e latina.

                  Non  si  trattò  di  un  semplice  incontro/scontro  tra  posizioni  filosofiche
               differenti; il cristianesimo si diffuse, a partire dal IV secolo con l’Editto di
               Milano, come una solida potenza politico-religiosa che lasciava poco spazio
               alle riflessioni da essa divergenti e che, al contrario del pensiero filosofico,

               riuscì a conquistare a tutti gli effetti un potere sulle istituzioni. Tale processo
               di  cristianizzazione  si  verificò  sulle  realtà  cittadine  dell’impero  tramite  i
               poteri  politici  assunti  dai  vescovi  e  dal  sistema  gerarchico  ecclesiastico       132 ,

               che si radicarono ancora di più con il crollo dell’impero romano, sostituendo
               a tutti gli effetti la struttura statale. 133  Imponendosi come “cultura dominante”,
               il  cristianesimo  contribuì  alla  scomparsa  di  quello  spirito  di  reciproca

               tolleranza  che  era  proprio  delle  diverse  scuole  filosofiche  che,  pur
               diversissime tra loro, non tentarono mai di prevaricare l’una sull’altra, ma che
               si arricchivano proprio tramite il confronto tra i diversi principi.

                  Ciò contribuì ad assopire la discussione intorno a quale fosse lo stile di vita
               migliore da adottare per raggiungere la felicità, poiché la risposta era soltanto
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