Page 56 - La filosofia come esercizio spirituale.
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alla vita eterna dopo la morte.
Il perfezionamento interiore dei filosofi antichi era praticato per vivere al
meglio la vita quotidiana e affrontare la morte con serenità, senza preoccuparsi
del “dopo”; al contrario, all’interno del cristianesimo essi hanno il compito di
purificare l’animo per prepararlo alla vita futura. Anche nel platonismo vi
sono richiami a una vita ultraterrena, ma essa è del tutto differente rispetto alla
concezione cristiana del paradiso, poiché premi e punizioni nel primo caso
sono distribuiti da una ragione imparziale, come il karma induista, e anche le
condanne non sono mai eterne, mentre nel secondo caso è la volontà di Dio a
decretare i sommersi e i salvati.
In questo frangente entra in gioco la questione della grazia divina, con le
problematiche filosofico/religiose ad essa collegata. Per la corrente cristiana
che fa capo a Paolo e che prosegue con Agostino, l’uomo è essenzialmente un
peccatore che può essere salvato soltanto per grazia divina. In questa
prospettiva, qualsiasi azione compiuta non potrà mai assicurare la salvezza
eterna, visto che l’anima umana è macchiata dal peccato originale, una
macchia che soltanto Dio può lavare. Gli esercizi spirituali come la
confessione delle proprie colpe e l’autoanalisi di coscienza assumono un ruolo
completamente diverso rispetto a quelli praticati dalla filosofia antica, esente
da questo senso opprimente di “peccato”. Difatti, i vizi e le passioni
incontrollabili sono considerati nella filosofia greca e latina come delle
malattie, alla stregua dei malanni che colpiscono il corpo. Sono sì negative,
ma soltanto perché limitano la libertà del filosofo e sono di ostacolo alla sua
ricerca della vita felice (esattamente come una febbre alta potrebbe impedire
di trascorrere serenamente la giornata), e non perché espressione di un peccato
tramandato di generazione in generazione. Esattamente come con le malattie
corporee, da tali mali si può guarire, tramite gli esercizi spirituali, e il proprio
sviluppo interiore permette di constatare l’avvenuta guarigione, mentre quelli
cristiani, rimettendo l’ultimo giudizio a Dio, pongono l’anima del credente in
una perpetua tensione interiore, in bilico tra la condanna eterna e la salvezza
divina. Inoltre, anche l’ascesi praticata per liberarsi dalle passioni è
totalmente diversa; l’ascesi cristiana si manifesta con comportamenti anche
violenti nei confronti del corpo, come il martirio, il digiuno prolungato, il
ritiro nel deserto, la penitenza fisica, l’astensione da ogni tipo di sessualità,
mentre nella filosofia antica l’ascesi assumeva toni più bilanciati e si