Page 50 - La filosofia come esercizio spirituale.
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esperienza dai tratti mistici derivi proprio dall’influenza religiosa. Al
contrario, fu proprio il vivere in prima persona un evento simile a far vacillare
la sua “fede del tutto ingenua” (come la definisce in un’intervista con
Carlier) 110 e a segnare indissolubilmente la sua vita, provocando una vera e
propria “conversione filosofica”.
Come racconta infatti a Carlier nell’intervista poc’anzi citata:
«Era calata la notte e le stelle brillavano in un cielo immenso. [...] fui invaso da un’angoscia
insieme terrificante e soave, provocata dal sentimento della presenza del mondo, o del Tutto, e di
me in questo mondo. [...] Provavo un senso di estraneità, lo stupore e la meraviglia di esserci.
Nello stesso tempo, percepivo di essere immerso nel mondo, di farne parte, e che il mondo si
estendeva dal più piccolo filo d’erba fino alle stelle. [...] Credo di essere filosofo a partire da quel
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momento, se per filosofia si intende la coscienza dell’esistenza, dell’essere al mondo.»
Esperienza presente anche nelle pagine dei filosofi antichi e di cui Hadot
parla in maniera più precisa in Che cos’è la filosofia antica?, in La fisica
come esercizio spirituale e ne La cittadella interiore.
Dopo aver contemplato la natura e averla abbracciata in tutto il suo
complesso con lo sguardo dall’alto, il filosofo giunge all’estrema dilatazione
del proprio io contemplatore. L’anima si dissolve nella natura che sta
osservando, divenendo un tutt’uno con la sua essenza: il Lògos che dirige
l’intero cosmo con la propria razionalità divina.
Un’esperienza descritta, ad esempio, nei Pensieri di Marco:
«Non soltanto d’ora in poi devi respirare collaborando con quest’aria che tutto ti circonda, ma devi
anche pensare collaborando con l’universale intelligenza che tutto abbraccia. Osserva che la
potenza d’una mente si diffonde da ogni parte, e penetra in guisa che chi è in condizione ne può
attingere» 112
ma che si ritrova in maniera più marcata nella tradizione neoplatonica di
Plotino, in particolare nel capitolo de le Enneadi in cui descrive l’unione
mistica con l’Uno.
Tale consapevolezza superiore permette al filosofo di vivere ogni episodio
dell’esistenza, anche quelli più negativi, non con la visione limitata del
proprio “io”, ma con quella elevata del Lògos divino, che tutto regola con
ragione, bontà e imparzialità.
Una grandezza d’animo che, per quanto utopica, è sempre stata la meta
ambita dai filosofi antichi.