Page 45 - La filosofia come esercizio spirituale.
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contrariare dagli eventi.» 96


                  Un  atteggiamento  spirituale  che,  come  mostra  Hadot  ne  La  cittadella
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               interiore ,  affonda  le  sue  radici  nell’etica  socratica  secondo  la  quale  non
               esiste alcun bene al di fuori del bene morale e non esiste alcun male all’infuori
               del male morale. Di conseguenza, nulla proveniente dall’esterno può scalfire

               l’animo del saggio che agisce seguendo il bene morale e che non permetta alla
               sua  condotta  di  essere  traviata  dal  male  morale,  anche  per  rispondere  a
               un’azione scorretta.

                  Una propensione spirituale che si ritrova anche nel platonismo di Plutarco               98
               e  che  nello  scetticismo  pirroniano  si  tramuta  in  assoluta  indifferenza  nei
               confronti  di  ogni  azione,  mentre  nel  cinismo  di  Diogene  in  una  libertà

               spregiudicata e ironica nei confronti di ogni minaccia o insulto ricevuto, come
               testimonia un passo di Diogene Laerzio:

                   «Una volta Perdicca minacciò che se non se ne fosse andato da lui, l’avrebbe ucciso. E Diogene

                   rispose: “Nulla di straordinario: anche uno scarafaggio e una tarantola saprebbero far questo”.» 99

                  L’esercizio  filosofico  nei  confronti  degli  estranei  però  non  si  riduce  alla

               loro  sopportazione,  ma  si  sviluppa  in  una  propensione  benevola  verso  il
               prossimo, anche nei confronti di coloro che adottano comportamenti impropri
               e che non seguono le virtù filosofiche.

                  La radice comune di questo esercizio spirituale è sempre quella socratica e
               ha a che fare con la conoscenza del bene morale e del male morale. Difatti,
               secondo un noto paradosso socratico, l’uomo che commette il male lo fa per

               ignoranza, visto che sta attuando un comportamento autodistruttivo e nessuno,
               se non per ignoranza, farebbe una cosa simile. Al contrario, dalla conoscenza
               deriva la consapevolezza di ciò che è giusto fare e la conseguente messa in
               pratica del bene morale.

                  Ne deriva che il saggio non deve mai adirarsi nei confronti di chi erra o di
               chi compie il male, poiché sarebbe come arrabbiarsi con una persona malata
               che deve ancora trovare la cura. Come scrive Marco Aurelio:


                   «È certo cosa crudele non concedere agli uomini di perseguire quanto appare a essi convenienti e
                   utile. Eppure, tu non lo concedi, in un certo senso, quando sei adirato per qualche loro colpa. Infatti
                   sono portati anche in quel caso verso cose convenienti e suscettive di qualche utilità alle singole
                   persone.  “Già,  ma  sbagliano!”  E  allora  tu  devi  fornire  insegnamento  e  persuaderli  senza
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