Page 43 - La filosofia come esercizio spirituale.
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ineludibili sofferenze dettate dall’ineludibilità della perdita.
Esemplificative di tale atteggiamento sono le parole di Epitteto:
«Se vuoi che i tuoi figli, tua moglie e i tuoi amici vivano per sempre, sei uno stolto: vuoi infatti che le
cose che non sono in tuo potere lo siano e che le cose a te estranee siano tue.» 90
«Non dire mai di nessuna cosa: “l’ho persa”, ma “l’ho restituita”. È morto tuo figlio? È stato solo
restituito. È morta tua moglie? È stata solo restituita. “Mi è stato tolto il podere”: no, anche questo
è stato solo restituito. “Ma chi me l’ha portato via è un malvagio”: che cosa ti importa attraverso
chi, colui che te lo aveva dato, ne ha chiesto la restituzione. Finché te lo concede, abbine cura
come di una cosa altrui, come fanno i viaggiatori in una locanda.» 91
Non si tratta di avere un cuore di pietra, insensibile a qualsiasi turbamento,
ma di riuscire ad accettare gli eventi avversi della vita apprezzando quanto
essa ci ha donato, con la consapevolezza che nulla è destinato a durare in
eterno.
Da questo punto di vista, risultano forse più vicine alla sensibilità umana le
parole che Plutarco esprime nella sua Consolazione alla moglie, in occasione
della morte della loro figlia di pochi anni:
«So bene quale straordinaria gioia aveva rappresentato per te l’avere una figlia che desideravi,
dopo la nascita di quattro maschi, e per me avere avuto la possibilità di darle il tuo nome. [...] La
natura aveva poi dato a nostra figlia una mirabile dolcezza e bontà, e il suo modo di rispondere alla
nostra tenerezza e di far piacere ci rivelava la bontà del suo carattere. [...] Non vedo però, mia
cara moglie, perché queste e altre cose che ci facevano piacere quando viveva, oggi debbano
suscitare dolore e turbarci, nel momento in cui pensiamo ad esse. Anzi, avrei timore del contrario,
che con il dolore il ricordo venisse cancellato [...] come questa bimba fu per noi, durante la sua
esistenza, la creatura che più abbiamo amato [...] così il suo ricordo deve restare in noi,
accompagnarci per tutta la vita e darci molto di più, gioia piuttosto che dolore, se i discorsi che
tanto abbiamo tenuto ad altri devono, come è naturale, servire ora a noi stessi.» 92
Atteggiamento che si ritrova anche nella serena accettazione degli epicurei,
basti pensare alla massima di Epicuro
«Dolce il ricordo di un amico morto.» 93
Diversa invece la situazione del cinismo, in cui il saggio raggiunge
l’assoluta libertà relazionandosi con tutti gli uomini della città ma non
legandosi con nessuno di essi, come un cane randagio – non a caso il termine
cinico deriva dal termine kynikos, canino, animale a cui spesso lo stesso
Diogene si paragonava.