Page 38 - La filosofia come esercizio spirituale.
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In questa prospettiva la scrittura stessa diviene una forma di meditazione, un

               diario personale espressione di un continuo ruminare (utilizzando un termine
               nietzschiano), con lo scopo di assorbire gli insegnamenti filosofici e vagliare i
               propri progressi. Emblema di tale forma di esercizio sono le Lettere a Lucilio,
               sempre  dello  stesso  Seneca,  che  prima  ancora  di  essere  lettere  indirizzate

               all’amico erano meditazioni che il filosofo romano riservava a se stesso.
                  La  funzione  propedeutica  della  scrittura  si  rivela  in  forma  ancora  più

               accentuata  nei  Ricordi  di  Marco  Aurelio,  che  rappresentano  un  prezioso
               esempio  di  come  la  meditazione  filosofica  scritta  fosse  un  esercizio
               precisamente strutturato.    74

                  Scrive infatti Hadot:

                   «I pensieri di Marco Aurelio [...] ci conservano un notevole esempio di un genere letterario che
                   doveva essere molto frequente nell’antichità, ma che il suo stesso carattere destinava a scomparire
                   facilmente:  gli  esercizi  di  meditazione  affidati  a  un  testo  scritto.  [...]  le  formule  pessimistiche  di
                   Marco Aurelio non sono l’espressione delle opinioni personali di un imperatore deluso, sono esercizi
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                   spirituali praticati secondo metodi rigorosi.»

                  Una forma di esame di coscienza che, come il filosofo francese scrive in

               Che cos’è la filosofia antica?, aveva anche il compito di liberare l’anima dal
               tormento  del  senso  di  colpa,  in  una  sorta  di  catarsi  interiore  conseguente
               all’ammissione dei propri errori.       76

                  Tuttavia, oltre alla meditazione esiste un secondo tipo di esercizio spirituale
               per conquistare il dominio di sé, che ha a che fare con un ostacolo comune a
               tutte le scuole: le passioni.

                  Platonismo,  stoicismo  ed  epicureismo  vedono  la  filosofia  come  un
               pharmakos  volto  a  lenire  il  dolore  provocato  dalle  passioni,  un  male
               spirituale  molto  più  grave  del  male  fisico,  poiché  se  quest’ultimo  ci  è

               assegnato  dalla  sorte,  il  primo  siamo  noi  a  volerlo  e,  allo  stesso  tempo,  è
               nostro  dovere  estirparlo.  Se  prima  non  si  guarisce  da  questa  malattia  è
               impossibile  poter  agire  moralmente  all’interno  della  comunità,  per  poter

               migliorare non solo se stessi ma anche il mondo sociale che ci circonda.
                  Tale  guarigione  vuole  stimolare  un  senso  di  felicità  più  profondo,
               indipendente  dai  beni  esterni  e  da  tutto  ciò  che  è  fugace,  una  semplice  ma

               autentica  gioia  di  esistere,  che  aiuta  l’uomo  a  liberarsi  delle  proprie  paure
               infondate e dalle preoccupazioni che gli sottraggono non soltanto il tempo, ma
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