Page 42 - La filosofia come esercizio spirituale.
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sottolinea Hadot, con la caduta delle polis greche la direzione spirituale delle
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anime verrà assunta proprio dai filosofi e dalle scuole filosofiche , come
testimonia un passo di Simplicio da lui riportato:
«Quale posto avrà il filosofo nella città? Sarà uno scultore di uomini e artigiano che fabbrica
cittadini ideali e degni. Non avrà altro mestiere che quello di badare alla purificazione di se stesso e
degli altri, per vivere la vita conformemente alla natura che conviene all’uomo; sarà il padre
comune e il pedagogo di tutti i cittadini, il loro riformatore, il loro consigliere e il loro protettore,
offrirà a tutti la propria collaborazione nella realizzazione di qualsiasi cosa buona, compiacendosi
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con quelli che sono felici e compatendo e consolando quelli che sono afflitti.»
L’educazione filosofica diviene una pratica molto in voga all’interno delle
élite governative del mondo ellenico e romano e i filosofi assumono questo
ruolo come una missione da compiere nei confronti della collettività, per
riuscire a formare governanti degni, dediti all’esercizio della virtù e
interessati al bene del popolo.
È una pratica antica, nata con il sogno di Platone di fondare una città
filosofica basata sull’utopia de La Repubblica, che non sempre però porterà ai
risultati sperati, soprattutto con i governanti più potenti. Basti pensare
all’esperienza di Platone, che raggiunse il tiranno di Siracusa nella speranza di
influenzare filosoficamente le sue scelte politiche, ottenendo in cambio di
essere venduto come schiavo; oppure a quella di Seneca, motivato dai migliori
auspici per il governo di Nerone (espressi nel De clementia), ma ridotto a
doversi piegare ai giochi di potere di corte – finanche alla congiura contro la
madre dell’imperatore.
La letteratura antica però abbonda anche di esempi positivi di educazione
filosofica, come quella che ha formato Catone di Utica, Rutilio Rufo, Quinto
Muzio Scevola fino ad arrivare all’esempio più illustre, l’imperatore e
filosofo stoico Marco Aurelio.
Tuttavia, l’esercizio filosofico nei confronti degli altri non si riduce al
dialogo e all’educazione, ma si sviluppa con pratiche che hanno il compito di
favorire una determinata propensione spirituale verso il prossimo.
Da un lato, si tratta di esercizi spirituali che permettano al filosofo di vivere
con coscienza i rapporti affettivi con le persone a lui care. Tali esercizi hanno
il compito di trovare il giusto mezzo tra due estremi: il rifiuto di qualsiasi
relazione affettiva, per paura che possa turbare la propria tranquillità
interiore, e un’irrazionale dipendenza dai rapporti con gli altri, causa di