Page 30 - La filosofia come esercizio spirituale.
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Una vigilanza del genere implica un controllo assiduo sul momento
presente, poiché la pratica della virtù è tale soltanto se esercitata con costanza
e non a intervalli irregolari. 55
Ed è qui che entrano in gioco gli esercizi spirituali prescritti dalle diverse
scuole.
In Che cos’è la filosofia antica? Hadot rileva sei principale scuole di
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vita . Senza considerare il pitagorismo, di cui possediamo pochi frammenti e
di cui non è possibile stabilire, con precisione, quale fosse il reale stile di vita
adottato dagli adepti, le più antiche sono platonismo e aristotelismo, seguite da
cinismo, stoicismo, epicureismo e scetticismo. Vi è poi una settima scuola che
concilia elementi di quelle citate in precedenza, ossia l’eclettismo, ma proprio
per il suo carattere ibrido può essere considerata come una summa di esse.
Ogni scuola possiede la propria particolare sophia, non una semplice
conoscenza astratta da tramandare ma un sapere teoretico e pratico,
raggiungibile soltanto mediante la pratica continua degli esercizi spirituali.
Tuttavia, occorre fare una breve osservazione che concerne la declinazione
degli esercizi spirituali nelle diverse scuole secondo la visione di Hadot.
Difatti, se il filosofo francese non ha difficoltà a enucleare le pratiche
prescritte dallo stoicismo e dall’epicureismo e, in parte, dal platonismo e dal
cinismo, non si può dire altrettanto quando analizza l’aristotelismo e lo
scetticismo. Nel caso dell’aristotelismo, ad esempio, il suo discorso risulta
essere, a volte, troppo idealizzante. È vero, come Hadot sottolinea, che lo
stesso Aristotele nel X libro dell’Etica Nicomachea identifica la felicità con
l’attività contemplativa e che nella prefazione de Le parti degli animali
giustifica lo studio degli aspetti più ripugnanti della natura con il piacere
derivato dalla conoscenza della scoperta della sua forza creatrice, ma
ricondurre quest’ultimi aspetti al concetto di esercizio spirituale così come
formulato da Hadot può risultare una forzatura. Ciò che è assente nella pratica
teorica aristotelica è proprio l’aspetto di uno sforzo continuo e quotidiano
volto a procurare una trasformazione interiore che sia permanente, e non
limitata al momento in cui si utilizzano le facoltà intellettive dell’anima come
avviene, secondo Aristotele, durante la contemplazione e lo studio della
natura. Di fatti, è lo stesso filosofo di Stagira a sottolineare, sempre nel
decimo libro dell’Etica Nicomachea, come questo tipo di attività richiedano
innanzitutto un benessere di tipo materiale, che permetta di soddisfare almeno i