Page 29 - La filosofia come esercizio spirituale.
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pensiero in azione concreta, per plasmare una vita autentica che impegni tutta

               l’esistenza nello sforzo di conquistare la sapienza.
                  Per  le  scuole  ellenistiche  e  romane  accostarsi  alla  filosofia  significava
               sconvolgere il proprio stile di vita; era una vera e propria conversione laica

               che  permetteva  di  passare  da  una  vita  inautentica  a  una  vita  autentica.
               Passaggio  possibile  solamente  acquisendo  la  consapevolezza  delle  proprie
               azioni  e  dei  propri  desideri;  si  poteva  così  cominciare  a  vivere,  ossia

               comprendere per cosa vale la pena farlo e agire di conseguenza.             52
                  Un  agire  che  diventa  essenzialmente  agire  etico,  poiché  l’azione  etica  è

               l’unica  che  possa  dipendere  dalla  nostra  volontà.  Con  l’acuirsi  della
               consapevolezza dell’altro e di un mondo dai confini indefiniti, si passa da una
               prospettiva  egocentrica  e  antropocentrica  a  una  cosmopolitica  e  universale,
               che  spianerà  la  strada  all’ideale  di  humanitas  importato  dalla  Grecia

               nell’Impero Romano dal circolo degli Scipioni.           53
                  Tuttavia, questa variazione di prospettiva non è per nulla semplice, poiché

               essa rivoluziona la concezione che si ha non solo del cosmo, ma anche della
               realtà  interiore  e  della  realtà  sociale,  in  particolar  modo  dei  nostri  doveri
               verso gli altri e delle nostre esigenze.

                  Il  cambiamento  non  può  essere  conquistato  da  un  giorno  all’altro,  ma
               richiede inevitabilmente un esercizio costante volto a plasmare lo spirito del
               singolo e a fargli acquisire il pieno controllo delle proprie facoltà razionali.

                  Ciò è possibile tramite l’acquisizione di principi etici che non devono mai
               abbandonare il filosofo per l’intero decorso della sua esistenza; perciò essi
               devono essere semplici e immediati e devono rifarsi a un principio comune,

               fondamento e allo stesso tempo fine della propria vita.
                  Tali principi devono permettere al filosofo di possedere in ogni momento il
               pieno controllo delle proprie facoltà, dimodoché le sue azioni siano sempre

                                                                          54
               dettate non dall’impulso ma dalla libera volontà.  Un concetto simile si trova
               già espresso ne l’Etica Nicomachea di Aristotele, in cui il Filosofo sostiene

               che l’uomo virtuoso è colui il quale agisce liberamente scegliendo la virtù,
               non perché costretto dalla legge, ma poiché comprende che essa è la migliore
               tra le scelte possibili; l’uomo virtuoso, di conseguenza, è felice poiché il suo
               fine è la virtù in sé e non il proseguimento della virtù per scopi egoistici.
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