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inteso  dall’Ardigò  come  impossibilità  di  determinazione  delle  innumerevoli  serie

          causali, dal cui intersecarsi in un dato punto del tempo è in genere prodotto ciascun
          fenomeno. La nota più originale del pensiero dell’Ardigò è costituita dal fatto che
          non  accoglie  la  teoria  spenceriana  dell’inconoscibile:  dalla  relatività  di  ogni
          conoscenza  particolare  egli  non  deduce  la  relatività  della  conoscenza  nella  sua
          totalità;  l’indistinto  originario  non  è  qualcosa  che  trascenda  l’esperienza,  ma  è
          soltanto ignoto,  cioè  qualcosa  che  non  è  stato  ancora  risolto  e  chiarito  nei  suoi

          elementi:  di  qui  il  carattere  di  maggiore  immanentismo,  rispetto  a  Spencer,  che
          contraddistingue  il  suo  sistema,  il  quale,  d’altra  parte,  diventa  così  piuttosto  una
          metafìsica naturalistica che non una filosofia rigorosamente positivistica.
          Opere  principali: Discorso  su  Pietro  Pomponazzi  (1869); La  psicologia  come
          scienza  positiva  (1870); La  formazione  naturale  nel  fatto  del  sistema  solare
          (1877); La  morale  dei  positivisti  (1878); La sociologia  (1886);  una  specie  di  «

          trilogia  »: Il vero  (1891), La ragione  (1894), L’unità della coscienza  (1898); La
          scienza dell’educazione (1893).
          Bibliogr.:  Opere  filosofiche,  11  voll.,  Padova  1882-1918;  su  A.:  A.  Levi  e  L.
          Limentani, Bibliografia ardighiana.  Scritti su  R.  Ardigò, «  Rivista di filosofia »,

          1928-1929  e  1940;  W.  Büttemeyer, Bibliografia ardighiana,  «  Rivista critica  di
          storia della filosofia », 1970; R. Mondolfo, Il pensiero di R. Ardirò, Mantova 1908;
          E. Troilo, La filosofia morale di R. Ardigò, « Rivista pedagogica », 1921; E. Troilo,
          R.  Ardigò,  Milano  1926;  A.  Levi, Diritto  e  società  nel  pensiero  di  R.  Ardigò,
          Milano 1928; W. Büttemeyer, R. Ardigò e la psicologia moderna, Firenze 1969.

          ARÌSTIDE Marciano, in gr. Aristéidēs, filosofo ateniese del II sec. d.C., convertito al
          cristianesimo  e  autore  di  una  delle  più  antiche  apologie  della  religione  cristiana,
          indirizzata all’imperatore Antonino Pio (Apologia per i cristiani*).
          ARISTIPPO di Cirene, in gr. Arístippos, filosofo greco (Cirene 435 circa - 366 circa

          a.C.), fondatore della scuola cirenaica* o edonistica. Dell’insegnamento di Socrate,
          che frequentò personalmente, Aristippo ritenne soltanto la nozione che la filosofia
          deve  avere  un  carattere  di  praticità.  A  lui  risale  la  dottrina  secondo  la  quale  la
          felicità  consisterebbe  nella  ricerca  del  piacere  (hēdoné)  dei  sensi  moderati  dalla
          ragione; tuttavia è probabile che sia stato invece Aristippo il Giovane a insegnare
          per primo questa dottrina. Avrebbe passato parte della sua vita in Sicilia, alla corte
          dei  due  Dionigi;  ma  tutto  quanto  la  tradizione  riporta  intorno  alla  sua  vita  deve

          essere  preso  con  cautela.  Nulla  è  rimasto  dei  venticinque  dialoghi  che  avrebbe
          scritto. Sembra che sua figlia Arete gli sia succeduta nella direzione della scuola.
          Bibliogr.:  I  cirenaici,  a  cura  di  G.  Giannantoni,  Firenze  1958; Aristippi  et
          Cyrenaicorum  fragmenta,  a  cura  di  E.  Mannenbach,  Leida  1961;  su  A.;  C.  J.

          Classen, Aristippos, « Hermes », 1958; G. Lieberg, Aristippo e la scuola cirenaica,
          « Rivista critica di storia della filosofia », 1958; G. Giannantoni, Note aristippee, «
          Rivista critica di storia della filosofia », 1960.
          ARISTIPPO il Giovane, filosofo greco del IV sec. a.C. Nipote di Aristippo di Cirene,
          e allievo della celebre Arete, che pare abbia diretto la scuola cirenaica* dopo la
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