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scienza della natura. Al-Hazīn (965-1039) fu un fisico e uno psicologo che studiò la
percezione visiva, l’ottica e la rifrazione, di cui stabilì le leggi classiche. Nell’XI
sec. Al-Ghazālī (1058-1111) ritornò al misticismo, opponendosi all’aristotelismo;
tuttavia la sua critica della conoscenza e dell’incertezza dei sensi sfociò in una forma
di scetticismo.
Nel XII sec. la civiltà araba e musulmana di Spagna diede origine a una brillante
produzione filosofica. Ibn Bagia (Avempace) [morto nel 1139] descrisse una sorta di
avventura iniziatica attraverso la quale l’individuo si eleva fino alle forme
intelligibili; descrizione che ricorda il platonismo. Ibn Tufayl (Abubacer) [1100-
1185] espose un sistema filosofico assai simile a quello di Avempace. Ma la
filosofia araba raggiunse il suo massimo splendore con Averroè (Ibn Rushd) [1126-
1198], al quale deve la sua profonda influenza nel mondo. Averroè riprese le
traduzioni di Aristotele dandone una nuova interpretazione, liberata da quelle
sovrastrutture platonizzanti e misticheggianti introdottevi dalla precedente tradizione
araba. Egli perciò fu chiamato dai posteri per antonomasia « il Commentatore » di
Aristotele. Ma, più che un semplice interprete di Aristotele, fu un grande filosofo
originale, che elaborò un sistema saldamente fondato su basi razionali, non solo
svincolato dalla tradizione religiosa, ma talora in opposizione con essa. Perciò il suo
pensiero fu avversato dalla religione musulmana e dalla Chiesa cristiana; ma non per
questo l’averroismo cessò di diffondersi in tutta l’epoca medievale e rinascimentale
e di influenzarne il pensiero (v. AVERROISMO). D’altro canto, l’influenza della
filosofia araba su quella ebraica sfociò nel XVII sec. in certi aspetti molto importanti
della filosofia di Spinoza (naturalismo, panteismo, libero pensiero). Si può dunque
dire che, grazie ai suoi pensatori più eminenti, la filosofia araba ha aperto, nel seno
stesso della filosofia medievale, la via del pensiero moderno. Anche la storia e lo
sociologia sembrano aver assunto un aspetto nuovo e moderno con Ibn Khaldūn
(1332-1406), che espose nei suoi Prolegomeni una delle prime filosofie della storia
su base razionalistica.
Bibliogr.: J. F. De Boer, Geschichte der Philosophie im Islam, Stoccarda 1901; E.
Gilson, La philosophie au Moyen Age, Parigi 1944 (trad. it.: Firenze 1972); A. S.
Tritton, Muslim theology, Londra 1947; P. J. de Menasce, Arabische Philosophie,
Berna 1948; F. M. Pareja, Islamologia, Roma 1951; R. Walzer, Greek into Arabic.
Oxford 1962; Aa. Vv., Studies in the history of arabic logic, Pittsburgh 1964; H.
Corbin, Histoire de la philosophie islamique, vol. I, Parigi 1964; M. M. Sharif,
History of muslim philosophy, 2 voll., Londra 1966.
ARANGIO-RUIZ (Vladimiro), filosofo italiano (Napoli 1887 - Firenze 1952). Fu
professore alla scuola normale di Pisa e al magistero di Firenze. Dopo aver sentito
fortemente, in gioventû, l’influenza di Carlo Michelstaedter, dei cui scritti fu editore,
si accostò al pensiero di Giovanni Gentile, dal quale trasse ispirazione per
sviluppare un suo « moralismo assoluto » in opere come Conoscenza e moralità
(1922), Prose morali (1935), Umanità dell’arte (1951).
ARBITRIO. Con l’espressione libero arbitrio si indica la possibilità della volontà di
determinarsi ad agire in un senso piuttosto che in un altro, indipendentemente da ogni