Page 98 - Dizionario di Filosofia
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morte  del  padre,  pare  abbia  per  primo  insegnato  la  dottrina  del  piacere  che  la

          tradizione filosofica attribuisce invece a suo nonno.
          Bibliogr.: J. Humbert, Socrate et les petits socratiques, Parigi 1967.

          ARISTÒBULO,  in  gr. Aristóbulos,  filosofo  ebreo  di  Alessandria,  che  visse,  pare,
          intorno al 150 a.C. Al fine di armonizzare le dottrine ebraiche con i sistemi filosofici
          greci, sostenne che i filosofi greci avevano attinto le loro idee da Mosè e dai profeti.
          ARISTÓNE di Ceo, in gr. Arístōn, filosofo peripatetico della seconda metà del III sec.
          a.C. Discepolo di Licone, cui Succedette nella direzione del Liceo, scrisse una storia

          delle diverse scuole filosofiche e un trattato sulla saggezza.
          ARISTONE di Chio,  filosofo  greco,  soprannominato la Sirena per la sua eloquenza
          persuasiva  (circa  270  a.C.).  Professò  uno  stoicismo  permeato  di  influssi  cinici  e
          insegnò una dottrina che poneva il sommo bene nella sola virtù, affermando che gli

          stati intermedi tra il vizio e la virtù non sono per l’anima stati felici.
          ARISTÒTELE, in gr. Aristotéiēs, filosofo greco (Stagira, Macedonia, 384 - Calcide,
          Eubea, 322 a.C.). Dopo la morte del padre Nicomaco, che era medico e amico del re
          di  Macedonia  Aminta  II,  Aristotele  si  stabilì  ad  Atene  e  frequentò  per  vent’anni
          l’Accademia di Platone. Alla morte del maestro (347), si allontanò da Atene, dove i
          partigiani della Macedonia erano malvisti, e si recò ad Asso nella Troade, ove già

          fioriva un centro di studi platonico sotto la protezione di Ermia, tiranno di Atarneo,
          cui Aristotele era legato da vincoli di amicizia e del quale sposò la nipote e figlia
          adottiva, Pizia. Ad Asso insegnò per tre anni; ma la fine tragica di Ermia, consegnato
          ai Persiani, lo costrinse a rifugiarsi a Mitilene, nell’isola di Lesbo; compose allora,
          in onore dell’amico, l’Inno alla virtû. Nel 343-342 fu chiamato alla corte macedone

          da Filippo II come precettore del figlio Alessandro. Poco tempo dopo l’ascesa al
          trono del suo discepolo, si stabilì ad Atene (335) e vi fondò la scuola del Liceo,
          chiamata anche peripatetica, perché il maestro vi teneva le lezioni passeggiando con
          gli allievi. Ad Atene compose o portò a termine gran parte delle sue opere. Quando
          morì  Alessandro  (323),  essendo  prevalso  in  Atene  il  partito  antimacedonico,
          Aristotele fu accusato di empietà e, temendo gli toccasse la stessa sorte di Socrate,
          decise  di  abbandonare  nuovamente  Atene,  perché,  come  disse  egli  stesso,  «  non
          voleva dare occasione agli Ateniesi di peccare una seconda volta contro la filosofia

          », e si rifugiò a Calcide, nell’Eubea, dove morì l’anno dopo.
          Gli scritti di Aristotele si distinguono in due categorie: opere essoteriche, destinate
          alla  pubblicazione,  e  opere acroamatiche,  destinate  esclusivamente  alla  scuola.
          Delle prime ci rimane ben poco, alcuni titoli di dialoghi e scarsi frammenti di un
          discorso esortatorio alla filosofia (Protrettico) e dei dialoghi Eudemo o dell’anima

          e  Sulla  filosofia:  sono  scritti  che  appartengono  in  genere  ad  una  prima  fase  del
          pensiero aristotelico, al periodo della sua permanenza alla scuola di Platone o del
          suo primo insegnamento ad Asso e a Mitilene. Invece ci è rimasto quasi per intero il
          corpo degli scritti destinati alla scuola, che comprende: un gruppo di sei scritti di
          logica (Categorie*,  Dell’interpretazione,  Analitici  primi*,  in  due  libri, Analitici

          secondi, in due libri, Topici, in otto libri, Elenchi sofistici), indicati a partire dal VI
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