Page 96 - Dizionario di Filosofia
P. 96
causa esterna (come, ad es., la volontà divina, il fato, ecc.) e da ogni movente
interiore (istinto o inclinazione naturale, motivo razionale, ecc.). (In quest’ultimo
caso, si chiama anche arbitrio d’indifferenza.) [V. LIBERTÀ].
ABCESILÀO, in gr. Arkesílaos, filosofo greco (Pitane, Eolide, 315 circa - † 241
a.C.). Divenne nel 268-264 scolarca dell’Accademia, alla quale impresse un nuovo
indirizzo, di carattere scettico, onde fu detto il fondatore della seconda (o media)
Accademia. Il suo scetticismo si differenzia da quello di Pirrone e dei pirroniani,
anche se probabilmente ne subì qualche influsso; egli volle riprendere e accentuare
l’aspetto dialettico della filosofia platonica, ritornare al motivo socratico del dubbio
critico. Come Socrate, non scrisse nulla e tutto il suo pensiero affidò alla libera
discussione: delle sue dottrine abbiamo notizia attraverso Cicerone e Sesto
Empirico.
Avversario del dogmatismo degli stoici, sosteneva contro di loro, in particolare
contro Zenone di Cizio e Cleante, che non esistono segni sicuri della verità, per cui
bisogna sospendere il giudizio.
Bibliogr.: L. Credaro, Lo scetticismo degli accademici, Roma 1889-1893; Ch.
Waddington, Le scepticisme après Pyrrhon: les nouveaux Académiciens, « Séances
et travaux de l’Académie des sciences morales et politiques », Parigi 1902; O.
Gigon, Zur Geschichte der sogenannten Neuen Akademie, « Museum Helveticum »,
1944; A. Carlini, Alcuni dialoghi pseudoplatonici e l’Accademia di Arcesilao, «
Annali della scuola normale superiore di Pisa », 1962.
ARCHÈ (dal gr. arché, principio). Termine introdotto dal filosofo Anassimandro per
designare il principio originario di tutte le cose, e ripreso in seguito da alcuni
fisiologi per indicare il principio della vita, diverso dall’anima, e considerato come
la base di tutti i fenomeni vitali.
ARCHELÀO di Mileto o, più probabilmente, di Atene, in gr. Archélaos, filosofo
greco (V sec. a.C.). Discepolo di Anassagora, accolse anche elementi della
speculazione ionica (l’aria di Anassimene come principio universale). Una
tradizione lo fa maestro di Socrate, probabilmente per la presenza, nel suo pensiero,
di interessi morali.
ARDIGÒ (Roberto), filosofo italiano (Casteldidone, Cremona, 1828 - Mantova
1920). Ordinato sacerdote nel 1851, dopo un pe riodo di crisi spirituale, depose
l’abito ecclesiastico nel 1871. Nel 1881 fu nominato professore di storia della
filosofia all’università di Padova, ove insegnò fino al 1909. Morì suicida. L’Ardigò
è il maggior rappresentante del positivismo italiano, l’unico che ne abbia tentato una
formulazione sistematica. Come Spencer, egli interpreta tutta la realtà in base al
principio dell’evoluzione, per cui ogni tipo o forma della realtà, dal mondo fìsico
alla vita psichica, è una « formazione naturale ». Ma l’evoluzione non è intesa, come
dallo Spencer, in termini biologici, come passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo,
ma in termini psicologici, come continuo passaggio dall’indistinto al distinto.
Tale passaggio avverrebbe secondo un ritmo costante dominato dalla legge di
causalità: tuttavia tale determinismo assoluto viene attenuato dalla dottrina del caso,