Page 903 - Dizionario di Filosofia
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questo spazio infinito sono infiniti mondi, e una tale smisurata dimensione è l’unica
compatibile con l’infinita potenza del divino principio, che tutto produce. Gli infiniti
mondi sono dotati ciascuno di una sorgente autonoma di moto (anima intellettiva),
che li fa ruotare e trascorrere per l’etere sconfinato. Per tutti i primi quattro dialoghi
questa concezione, che deriva da una radicalizzazione delle nuove prospettive aperte
da Copernico, è puntualmente contrapposta, con travolgente e spesso pittoresco
vigore polemico, alla cosmologia aristotelica, fondata sulle nozioni della centralità
ed immobilità della Terra, della gerarchia dei motori dei vari cieli, della distinzione
del mondo sublunare da quello celeste. Nel quinto dialogo, infine, gli interlocutori si
convertono tutti alla « nolana filosofia », esposta da Filoteo, che viene esortato a
perseverare per la sua strada, anche se « con molte machine ed artificii il grande e
grave senato della stolta ignoranza minaccia e tenta di distruggere la sua divina
impresa ed alto lavoro ».
Della natura secondo i propri principi (De rerum natura iuxta propria principia),
la maggiore opera di Bernardino Telesio, in nove libri, stampata per la prima volta
integralmente a Napoli nel 1586. L’opera vuole essere, dopo gli sforzi compiuti
dall’autore per liberarsi dai pregiudizi aristotelici, il risultato dell’osservazione
metodica e obiettiva della « natura delle cose ». Il torto maggiore di Aristotele è
stato quello di utilizzare troppo spesso la metafisica per spiegare la fìsica: il
compito del nuovo filosofo della natura è quello di eliminare del tutto tale ingerenza.
La natura si rivela al senso, perché è essa stessa vitalità e attività, e dunque senso.
La preoccupazione costante di Telesio è quella di superare lo schema dualistico
aristotelico, implicante la distinzione fra movente e mosso, e di ricavare dai concetti
di « attività » e di « energia » la intuizione unitaria del dinamismo come
automovimento. L’anima è una sostanza materiale tenuissima, diffusa per tutto il
corpo dei viventi, e l’attività intellettuale è una sublimazione delle percezioni
sensibili. Sopra quest’anima-spirito o anima-senso c’è però nell’uomo l’anima
immortale infusa da Dio. Dio e l’anima immortale non sono probabilmente introdotti
nell’universo telesiano solo per esigenze di conformismo pratico, come riteneva la
storiografia filosofica idealistica. Resta comunque dominante l’esigenza di spiegare
la rerum natura solo iuxta propria principia. Così nel libro IX dell’opera anche la
vita morale trova la sua legge nella natura: il bene è la natura stessa e il principio
supremo della morale comanda di fare ciò che giova alla conservazione della natura.
Ne deriva un’etica della discrezione, della misura umanistica che proviene dalla
tradizione stoico-epicurea e prelude alle forme più nobili dell’utilitarismo
illuministico.
Dell’anima, opera di Aristotele. V. DE ANIMA.
Dell’antichissima sapienza degli Italici (De antiquissima Italorum sapientia),
opera di Giambattista Vico, pubblicata nel 1710; in essa l’autore si propone di
rintracciare, attraverso l’analisi etimologica di alcune parole dotte della lingua
latina, considerate come relitti di un’età tramontata, la sapienza filosofica dei primi
abitanti dell’Italia. In realtà egli finisce per attribuire a quegli antichi popoli alcune
sue proprie teorie, in particolare la dottrina dell’equivalenza del vero col fatto, che