Page 899 - Dizionario di Filosofia
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materialistica  e  meccanicistica,  Hobbes  traccia  in  quest’opera,  che  risente

          dell’influenza del Principe di Machiavelli, l’ascesa dell’uomo da un primitivo stato
          naturale (homo homini lupus) alla condizione di membro di una società, che egli
          costruisce  non  perché  dotato  di  un  preciso  istinto  sociale,  ma  piuttosto  per  paura
          degli altri uomini, e soprattutto perché vuole il proprio bene e la propria felicità. A
          tale scopo i singoli conferiscono a chi detiene la sovranità, il diritto di punire coloro
          che  vengono  meno  a  questo  patto  iniziale  con  il  quale  si  è  costituita  la  società;

          pertanto la giustizia, ad esempio, è potere dello Stato, cioè del sovrano.
          De civitate Dei, opera di sant’Agostino. V. CITTÀ DI DIO.
          De clementia (La clemenza),  trattato  filosofico  di  Seneca  dedicato  a  Nerone  da

          poco salito al potere. Composto in tre libri, di cui ci sono giunti il primo e l’inizio
          del secondo, mira a suggerire a  Nerone la pratica della clemenza come mezzo di
          governo  illuminato.  Adottata  per  un  atto  consapevole  di  avveduta  moderazione  e
          sulla base di un sentimento d’amore verso tutti i sudditi, essa procaccerà fedeltà al
          principe e gli assicurerà il potere: concezione paternalistica che sfocia nell’utopia
          politica caratteristica del pensiero stoico.

          Declino  dell’Occidente  (IL)  [Der  Untergang  des  Abendlandes,  tradotto  anche
          Tramonto dell’Occidente],  opera  di  Oswald  Spengler,  composta  tra  il  1918  e  il
          1922. In essa l’autore, sulla scorta delle teorie di Dilthey e di Nietzsche, espone la
          sua  concezione  della  storia,  relativistica,  biologistica  e  fondamentalmente
          irrazionalistica,  basata  sui cicli di cultura.  Solo otto, secondo lui, sono le civiltà

          (Hochkulturen) che sono esistite nella storia: la babilonese, l’egiziana, l’indiana, la
          cinese,  la  greco-romana  («  apollinea  »),  l’araba  («  magica  »),  l’occidentale  («
          faustiana ») e quella dei Maya. Esse si sono avvicendate secondo un ritmo di mille
          anni,  in  seguito  ai  quali  si  sono  irrimediabilmente  estinte,  e  secondo  fasi  fisse,
          analoghe  a  quelle  degli  organismi  viventi.  Qualsiasi  loro  sopravvivenza  è  solo
          apparente; nessun valore può durare al di là della civiltà da cui è emanato, ma può

          solo essere sostituito da altri, nati da altre civiltà e a loro volta peribili; la verità è
          solo  funzione  di  un’epoca,  lo  stesso  progresso  mera  illusione.  Così  la  civiltà
          occidentale,  giunta  alla  fine  del  suo  ciclo  vitale,  è  destinata  alla  prossima  totale
          estinzione e già si intravede quella che le succederà: la russa. L’opera, di cui sono
          evidenti la debolezza e la schematicità teoretica, ma che è ricca di informazione e di
          cultura storica, scritta in uno stile immaginoso e magniloquente e pubblicata in un
          momento di grave crisi per la civiltà europea, appena uscita dalla catastrofe della

          prima guerra mondiale, ebbe grande successo e diede vita ad accese polemiche.
          De consolatione philosophiae (La consolazione della filosofia), trattato di Boezio
          sulla filosofia come consolatrice delle sventure umane. Scritto in carcere, fra il 523
          e il 524 d.C., in cinque libri e nella forma mista di prosa e poesia propria della

          satira menippea, è un dialogo in cui la  Filosofia, apparsa all’infelice autore sotto
          forma di donna lo illumina sul valore dell’avversa fortuna che, distaccando dai beni
          terrestri l’anima umana, contribuisce a elevarla alla considerazione e all’amore della
          verità, della virtù e di Dio, che è suprema verità e sommo bene. Gli dimostra anche
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