Page 900 - Dizionario di Filosofia
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l’inesistenza  dell’apparente  ingiustizia  nella  distribuzione  del  bene  e  del  male,  e

          dell’intervento  del  caso  nelle  vicende  umane.  Dio  tutto  sa  e  prevede  e  remunera
          secondo i meriti. Né la prescienza divina distrugge il libero arbitrio umano; essa,
          infatti,  non  è  conoscenza  anteriore,  ma  visione in  un  eterno  presente.  Così,  sul
          pensiero antico, specialmente platonico, stoico e neoplatonico, si innesta, anche se
          l’autore  non  lo  avverte  esplicitamente,  la  concezione  cristiana  della  Provvidenza.
          L’opera  ebbe  larghissima  fama  per  tutto  il  medioevo,  esercitando  un  notevole

          influsso non solo su tutta la filosofia cristiana occidentale, ma anche sulla letteratura,
          e in specie su quella delle « visioni ».
          De  constantia  sapientis  (La  fermezza  del  saggio),  il  secondo  dei  cosiddetti
          Dialoghi di Seneca, composto tra il 52 e il 53 d.C. e dedicato a un giovane amico,
          Anneo  Sereno.  Vi  si  dimostra  che  il  vero  saggio  non  può  ricevere  offesa  dagli

          uomini, né grave (iniuria), né lieve (contumelia), perché, in virtù di una serenità
          interiore, egli è in grado di sopportare le sventure della sorte e ancor più i colpi
          della malvagità umana.
          De Deo et homine eiusque felicitate (Dio, l’uomo e la sua beatitudine), la prima

          opera  di  Spinoza  giunta  fino  a  noi,  scritta  probabilmente  tra  il  1656  e  il  1661.
          L’originale latino è perduto; possediamo solo i due manoscritti di una traduzione in
          olandese. Si divide in due parti: la prima tratta di Dio, della sua esistenza, delia sua
          essenza, dei suoi rapporti col mondo. La seconda, meno diffusa, contiene in nuce le
          teorie sull’anima umana, sulla schiavitû delle passioni e sulla libertà, che saranno
          riprese e svolte nell’Etica.
          De dignitate et augmentis scientiarum (Dignità e progresso delle scienze), opera

          di Francesco Bacone, apparsa nel 1623, che può essere considerata la prima parte
          dell’Instauratio  magna,  di  cui  la  seconda  parte  è  costituita  essenzialmente  dal
          Novum  Organum.  In  essa  Bacone  critica  la  filosofia  scolastica  e  l’insegnamento
          fondato sull’autorità dei Greci e soprattutto di Aristotele, nel nome del quale ogni
          progresso scientifico, secondo lui, è ostacolato; afferma, in contrasto, il dovere dello

          spirito  di  istruirsi  sul  libro  della  natura.  Quindi  propone  la  sua  celebre
          classificazione  delle  scienze,  fondata  sulla  distinzione  delle  tre  facoltà  della
          memoria,  dell’immaginazione  e  della  ragione,  alle  quali  corrispondono
          rispettivamente la storia, la poesia e la filosofia.
          De docta ignorantia (La dotta ignoranza), opera filosofica in tre libri di Nicola da
          Cusa, composta nel 1439-1440 e pubblicata postuma nel 1488. La « dotta ignoranza

          » è l’atteggiamento del filosofo che, consapevole di quanto stretta sia la fascia del
          noto rispetto all’immensità di ciò che è ignoto, assume come proprio unico titolo di
          privilegio  il  «  sapere  di  non  sapere  »,  alla  maniera  di  Socrate  e  di  altri  saggi
          dell’antichità.  Considerata  l’incommensurabilità  del  finito  con  Dio,  un  tale
          atteggiamento,  che  rimanda  anche  alla  «  teologia  negativa  »  di  Dionigi  pseudo-

          areopagita, si propone all’uomo come il solo ragionevole. Come un poligono, per
          grande  che  sia  il  numero  dei  suoi  lati,  non  coinciderà  mai  con  la  circonferenza
          inscritta,  così  la  conoscenza  dell’uomo  non  potrà  mai  adeguare  la  realtà  di  Dio.
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