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la morte di Marx da Engels, che poté usare una grande quantità di note e di abbozzi

          del pensatore scomparso, furono pubblicate solo nel 1885-1894.
          Il capitale  riprende,  con  una  diversa  esposizione e con mutamenti nei contenuti, i
          temi  di Per  la  critica  dell’economia  politica,  apparsa  nel  1859;  Marx  aveva
          previsto un quarto libro, per il quale aveva raccolto un’importante documentazione,
          pubblicata poi da Kautsky nel 1905-1910 sotto il titolo di Teorie del plusvalore.
          Marx  si  propose  non  soltanto  di  descrivere  il  funzionamento  dei  meccanismi  di

          produzione  e  di  ripartizione  delle  ricchezze  nel XIX sec., ma anche di mostrare le
          contraddizioni  del  sistema  e  di  individuare  il  significato  dell’evoluzione  delle
          istituzioni  economiche.  Secondo  Marx,  l’operaio  non  può  sussistere  in  regime
          capitalistico se non alienando se stesso, ovvero vendendo la sua forza-lavoro. Egli
          produce merce il cui valore è eguale alla quantità di lavoro sociale fornito, ma il
          capitalista  in  contropartita  non  paga  all’operaio  che  una  parte  di  questo  valore,
          realizzando così un plusvalore. Il plusvalore è tanto più elevato quanto più, per uno

          stesso  salario,  l’operaio  crea  una  maggior  quantità  di  ricchezze;  il  capitalista  si
          sforza  dunque  d’aumentare  al  massimo  la  durata  della  giornata  lavorativa
          (plusvalore  assoluto)  o  di  diminuire  il  valore  del  salario  grazie
          all’ammodernamento  delle  tecniche  (plusvalore  relativo).                        Ora,  questo
          miglioramento implica la necessità della concentrazione delle imprese; ne risulta una
          trasformazione  importante  del  rapporto  tra  il capitale variabile,  massa  dei  salari

          versati alla manodopera (rinnovantesi continuamente con addizione di plusvalore), e
          i l capitale  costante,  massa  del  valore  dell’attrezzatura,  delle  macchine,  delle
          installazioni e delle materie prime.
          A una produzione accresciuta deve corrispondere un maggior numero di consumatori;
          di qui la necessità di rimettere al lavoro gli operai ridotti alla disoccupazione in
          seguito alla concentrazione delle imprese. Ma la creazione di imprese e di industrie
          nuove  esige  nuovi  capitali  che  non  possono  provenire  che  da  un  aumento  del

          plusvalore, il quale a sua volta non può derivare che da nuovi progressi tecnici, che
          suppongono nuovi capitali.  I capitalisti si trovano in questo modo di fronte a una
          serie  di  contraddizioni  alle  quali  diventerà  loro  impossibile,  un  giorno,  sfuggire;
          tanto  più  che  la  concentrazione  accresce  regolarmente  il  numero  delle  persone
          costrette a vendere la loro forza-lavoro e, per ciò stesso, proletarizzate.

          La  complessità  crescente  delle  istituzioni  che  i  capitalisti  si  trovano  obbligati  a
          creare  per  procurarsi  i  crediti  e  assicurarsi  una  certa  sicurezza  li  induce  a  fare
          appello a numerosi collaboratori, con i quali sono costretti, presto o tardi, a dividere
          il  plusvalore.  Gli  incidenti  del  processo  di  sviluppo  economico  (o  crisi
          intercicliche) si moltiplicano e divengono sempre più gravi e sempre più lunghi. I
          lavoratori, che rappresentano una percentuale sempre crescente della popolazione, si
          organizzano;  i  capitalisti  —  sempre  meno  numerosi  —  che,  storicamente,  hanno
          proceduto a continue espropriazioni della proprietà privata originariamente acquisita

          con  il  lavoro,  saranno  a  loro  volta  espropriati.  Così,  Marx  sostiene  che  la
          socializzazione del lavoro e la centralizzazione dei mezzi di produzione e di scambio
          deve sfociare, ineluttabilmente, nella formazione di una società senza distinzione tra
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