Page 87 - Dizionario di Filosofia
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criticismo in contrapposizione all’antico dogmatismo.

          Nell’idealismo  postkantiano,  specialmente  da  Hegel,  l’antinomia  non  è  più  vista
          come  forma  di  errore  dell’intelletto,  ma  come  strumento  per  eccellenza  della
          ragione, che procede proprio col passaggio dalla tesi all’antitesi, ed esige perciò
          sempre la contraddizione: la quale — nel metodo dialettico hegeliano — non rimane
          insoluta, ma viene continuamente superata nella sintesi.
          Antinomie logiche  sono  quei  ragionamenti  paradossali  che  partendo  da  premesse

          accettabili  conducono  a  conclusioni  assurde  e  contraddittorie.  Alcuni  di  tali
          ragionamenti  erano  noti  anche  agli  antichi,  e  nel  medioevo  venivano  chiamati
          insolubilia (ossia ragionamenti insolubili). Il più celebre è quello del mentitore: chi
          dice  «  io  mento  »,  se  dice  il  vero,  mente,  e,  se  invece  mente,  dice  il  vero.  Nel
          pensiero contemporaneo, la più celebre antinomia logica è quella di Russell: posto
          che alcune classi non sono membri di se stesse (come la classe degli uomini, che non
          è un uomo) e altre classi sono membri di se stesse (come la classe dei concetti, che è

          un concetto), la classe di tutte le classi che non sono membri di se stesse è, o non è,
          membro  di  se  stessa?  Si  vede  facilmente  che,  comunque  si  risponda,  si  cade  in
          contraddizione.
          Per risolvere le antinomie logiche sono state prospettate varie soluzioni, le quali si
          fondano in genere sulla distinzione di diversi gradi o livelli linguistici.

          ANTÌOCO di Ascalona,  in  gr. Antíochos,  filosofo  greco  (morto  verso  il  68  a.C.).
          Discepolo di Filone di Larissa, se ne distaccò poi, attaccando nello scritto intitolato
          Sosos il maestro e tutto l’indirizzo scettico e probabilistico dei filosofi della Nuova
          accademia.  Si  propose  di  restaurare  il  dogmatismo  dell’Antica  accademia,  le  cui
          dottrine riteneva non sostanzialmente diverse da quelle dei peripatetici e degli stoici:
          in  tal  modo  si  volse  all’eclettismo,  e  tale  indirizzo  eclettico  egli  diede

          all’Accademia, della quale divenne scolarca nell’85 circa, onde fu detto il fondatore
          di una Quinta accademia. Ebbe come discepolo Cicerone, che ascoltò le sue lezioni
          ad Atene nel 79-78 a.C. ed è la fonte principale delle notizie sul suo pensiero.
          Bibliogr.:  G.  J.  Grysar, Die Akademiker Philon und Antiochos, Colonia 1949;  M.

          Dal  Pra, Lo  scetticismo  greco,  Milano  1950;  A.  M.  Lüder, Die  philosophische
          Persönlichkeit des Antiochos von Askalon, Gottinga 1940; A. Ardizzoni, Il saggio
          felice tra i tormenti, « Rivista di filologia ed istruzione classica », 1942; G. Luck,
          Der Akademiker Antiochos, Berna-Stoccarda 1953.
          ANTÌSTENE,  in  gr. Antisthénēs,  filosofo  greco  (Atene  444  circa  -  365  a.C.),

          fondatore  della  scuola  cinica.  Prima  di  diventare  discepolo  di  Socrate,  seguì  le
          lezioni di Gorgia e si formò alla dialettica sofista, cui rimase sempre fedele; negò
          infatti  l’esistenza  delle  idee  generali  e,  di  conseguenza,  la  possibilità  della
          conoscenza scientifica. Il principio della sua morale deriva dal pensiero di Socrate:
          « La felicità umana consiste nella pratica della virtù ». Il sommo bene è dunque la
          virtû,  che  risiede  nell’indipendenza  assoluta  rispetto  alle  cose  esterne.  L’uomo

          libero, il più simile agli dei, è colui che ha saputo vincere le sue passioni e persino i
          suoi bisogni e vive lavorando e stentando, nella ricerca continua di sforzi e fatiche. Il
          modello di virtù è il forte Eracle. Quando, dopo un duro e lungo travaglio, si è giunti
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