Page 86 - Dizionario di Filosofia
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esiste nulla di semplice ». Infatti, per quanto lontana si spinga la nostra divisione, noi
          arriviamo sempre a qualche cosa che occupa un posto nello spazio; ora, qualche cosa
          che  occupa  un  posto  nello  spazio  ha  sempre  una  estensione  ed  è  pertanto  sempre
          divisibile.
          TERZA  ANTINOMIA.  Tesi:  «  Tutto  quello  che  accade  nel  mondo  non  dipende
          unicamente da cause naturali: bisogna ammettere anche una causalità libera ». Infatti,

          nella  serie  delle  cause  naturali,  noi  non  arriviamo  mai  a  un  termine  ultimo
          incondizionato: solo la libertà può costituire questo termine supremo; essa sola è una
          causa che non ne esige un’altra sopra di sé.
          Antitesi: « Non esiste alcuna libertà, bensì tutto accade nel mondo secondo le leggi
          della  natura  ».  L’idea  di  libertà  renderebbe  impossibile  ogni  esperienza
          sconvolgendo il principio di causalità; inoltre la ragione continuerebbe a chiedersi
          quale è la causa che determina la libertà in un senso o nell’altro.

          QUARTA ANTINOMIA. Tesi: « Nel mondo c’è qualcosa, che, o come sua parte o come
          sua  causa,  è  un  essere  assolutamente  necessario  ».  Infatti,  poiché  ogni  mutamento
          dipende da una condizione per la quale esso è necessario, bisogna che in definitiva
          ci sia qualche cosa di assolutamente incondizionato, di necessario in sé, da cui tutto
          il resto dipenda.
          Antitesi:  «  Non  esiste  in  nessun  luogo,  né  nel  mondo,  né  fuori  di  esso  come  sua

          causa, un essere assolutamente necessario ». Infatti tale essere non può essere fuori
          del  mondo,  perché,  quando  cominciasse  ad  agire,  apparterrebbe  al  tempo,  ossia
          all’insieme  dei  fenomeni;  né  può  essere  nel  mondo  stesso,  perché  la  serie  dei
          fenomeni  è  sempre  condizionata  e  non  può  avere  un  inizio  incondizionatamente
          necessario, che sarebbe senza causa e fuori del tempo, né essere necessaria nella sua
          totalità, se ogni sua parte non possiede in sé un’esistenza necessaria.
          Kant ritiene di trovare la soluzione di queste antinomie nella dottrina dell’idealismo

          trascendentale, ovvero col mostrare che vi è solo l’apparenza di una contraddizione,
          « la quale nasce da questo, che si è applicata l’idea dell’assoluta totalità, che non ha
          valore se non come condizione delle cose in sé, ai fenomeni, i quali non esistono se
          non nella rappresentazione e, ove costituiscono una serie, nel regresso successivo ».
          Pertanto, per le prime due antinomie si dirà che il mondo come cosa in sé non è né
          limitato né illimitato, né composto di atomi, né divisibile all’infinito, in quanto esso,

          come cosa in sé, non è nello spazio né nel tempo. Per la terza antinomia si dirà che
          l’antitesi è valida per il mondo fenomenico (tutto ha la sua causa naturale, se per
          tutto  si  intende ogni  fenomeno)  e  che  la  tesi  può  esser  valida  per  il  mondo
          noumenico (la cosa in sé, che non partecipa delle condizioni della conoscenza, può
          essere assoluta spontaneità). E, per la quarta antinomia: nel mondo fenomenico tutto
          è condizionato, ma noi nulla sappiamo della cosa in sé e potrebbe darsi che in questo
          ambito esistesse un essere necessario, condizione non epirica e di conseguenza non

          condizionata dalla serie dei fenomeni.
          Oltre a queste antinomie della ragion pura, Kant ha prospettato anche un’antinomia
          della ragion pratica, un’antinomia del gusto e un’antinomia del giudizio teleologico.
          La  loro  importanza  risiede,  per  Kant,  nel  fatto  di  dimostrare  la  necessità  del
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