Page 81 - Dizionario di Filosofia
P. 81
dell’anima è soltanto materia di fede, ma, per la prima volta nella storia del
pensiero, mise in dubbio la stessa sostanzialità dell’anima.
Tuttavia la nozione di anima come sostanza perdurò a lungo anche nell’età moderna.
Nel Rinascimento si discusse ancora il problema dell’immortalità: mentre i
platonici, affermando l’autonomia dell’anima rispetto alla materia, sostennero
l’immortalità dell’anima umana (Marsilio Ficino), gli aristotelici, invece, seguendo
l’interpretazione naturalistica di Alessandro di Afrodisia, la negarono (Pietro
Pomponazzi). Nel sistema dualistico di Cartesio vennero nettamente contrapposti i
due tipi di sostanza esistenti nell’universo, lo spirito e la materia, la sostanza
pensante (res cogitans) e la sostanza estesa (res extensa): l’uomo è costituito di un
corpo materiale, esteso, che vive meccanicamente, e di un’anima spirituale, che egli
solo possiede, mentre l’animale è semplicemente corpo e meccanismo (teoria
dell’animale-macchina). Cartesio attribuì all’anima le proprietà tradizionali
(l’unità, la semplicità, l’indistruttibilità, ecc.); tuttavia il concetto di sostanza
pensante è in lui notevolmente diverso da quello tradizionale, in quanto non è il
riconoscimento di un qualche sconosciuto sostrato, ma è il pensiero stesso (l’io
penso) in quanto rivela in maniera evidente a se stesso la propria esistenza. Nel
tentativo di superare il dualismo cartesiano, Spinoza considerò lo spirito e la materia
come attributi dell’unica sostanza, che si identifica con Dio ed è l’unica realtà, e le
singole anime come modi di tale sostanza unica; mentre Leibniz finì per
spiritualizzare tutta la realtà considerando tutte le entità reali (sia le anime sia le
entità corporee) come atomi spirituali, come monadi. Di contro a questi sviluppi del
razionalismo, nell’ambito dell’empirismo, che David Hume portò alle ultime
conseguenze, venne rigettata la nozione dell’anima come sostanza. « Come la nostra
idea d’un corpo », scrisse Hume, « è soltanto l’idea di certe qualità particolari
(gusto, colore, figura, grandezza, ecc.), così la nostra idea di uno spirito è soltanto
l’idea di particolari percezioni, senza la minima idea di tutto quanto vien detto
sostanza, né semplice né composta ». Pertanto lo spirito umano non è altro che
l’insieme delle diverse percezioni particolari, un fascio di fatti e di eventi psichici in
continuo flusso e movimento, « non una sostanza alla quale le percezioni sarebbero
inerenti ». A questa critica humiana si riallacciò Kant, il quale, pur ammettendo
l’unità e l’attività della coscienza come condizione della possibilità di ogni
esperienza, dichiarò inconoscibile la realtà in sé dell’anima, che è un noumeno, e
quindi oggetto della metafìsica. Questa posizione kantiana si ritrova in quasi tutte le
correnti della filosofia contemporanea. Nell’idealismo il concetto di anima si risolve
in quello di coscienza soggettivisticamente considerata, come attività spirituale che
tuttavia non presuppone un essere. Nel positivismo e nella psicologia scientifica
vengono studiati i fatti psichici, le loro reciproche relazioni, le loro condizioni
fisiologiche, ecc., ma, quand’anche si ammette l’unità della coscienza, non ci si
riferisce a essa come a un sostrato permanente, a un’entità a sé stante. Il concetto di
anima nella sua significazione tradizionale rimane quasi esclusivamente patrimonio
del pensiero religioso e delle correnti filosofiche neoscolastiche.
• Anima bella. Espressione tipica del romanticismo (fu usata per la prima volta da