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dell’anima  è  soltanto  materia  di  fede,  ma,  per  la  prima  volta  nella  storia  del

          pensiero, mise in dubbio la stessa sostanzialità dell’anima.
          Tuttavia la nozione di anima come sostanza perdurò a lungo anche nell’età moderna.
          Nel  Rinascimento  si  discusse  ancora  il  problema  dell’immortalità:  mentre  i
          platonici,  affermando  l’autonomia  dell’anima  rispetto  alla  materia,  sostennero
          l’immortalità dell’anima umana (Marsilio Ficino), gli aristotelici, invece, seguendo
          l’interpretazione  naturalistica  di  Alessandro  di  Afrodisia,  la  negarono  (Pietro

          Pomponazzi). Nel sistema dualistico di Cartesio vennero nettamente contrapposti i
          due  tipi  di  sostanza  esistenti  nell’universo,  lo  spirito  e  la  materia,  la  sostanza
          pensante (res cogitans) e la sostanza estesa (res extensa): l’uomo è costituito di un
          corpo materiale, esteso, che vive meccanicamente, e di un’anima spirituale, che egli
          solo  possiede,  mentre  l’animale  è  semplicemente  corpo  e  meccanismo  (teoria
          dell’animale-macchina).  Cartesio  attribuì  all’anima  le  proprietà  tradizionali
          (l’unità,  la  semplicità,  l’indistruttibilità,  ecc.);  tuttavia  il  concetto  di  sostanza

          pensante  è  in  lui  notevolmente  diverso  da  quello  tradizionale,  in  quanto  non  è  il
          riconoscimento  di  un  qualche  sconosciuto sostrato,  ma  è  il  pensiero  stesso  (l’io
          penso)  in  quanto  rivela  in  maniera  evidente  a  se  stesso  la  propria  esistenza.  Nel
          tentativo di superare il dualismo cartesiano, Spinoza considerò lo spirito e la materia
          come attributi dell’unica sostanza, che si identifica con Dio ed è l’unica realtà, e le
          singole  anime  come  modi  di  tale  sostanza  unica;  mentre  Leibniz  finì  per

          spiritualizzare tutta la realtà considerando tutte le entità reali (sia le anime sia le
          entità corporee) come atomi spirituali, come monadi. Di contro a questi sviluppi del
          razionalismo,  nell’ambito  dell’empirismo,  che  David  Hume  portò  alle  ultime
          conseguenze, venne rigettata la nozione dell’anima come sostanza. « Come la nostra
          idea  d’un  corpo  »,  scrisse  Hume,  «  è  soltanto  l’idea  di  certe  qualità  particolari
          (gusto, colore, figura, grandezza, ecc.), così la nostra idea di uno spirito è soltanto
          l’idea  di  particolari  percezioni,  senza  la  minima  idea  di  tutto  quanto  vien  detto

          sostanza,  né  semplice  né  composta  ».  Pertanto  lo  spirito  umano  non  è  altro  che
          l’insieme delle diverse percezioni particolari, un fascio di fatti e di eventi psichici in
          continuo flusso e movimento, « non una sostanza alla quale le percezioni sarebbero
          inerenti  ».  A  questa  critica  humiana  si  riallacciò  Kant,  il  quale,  pur  ammettendo
          l’unità  e  l’attività  della  coscienza  come  condizione  della  possibilità  di  ogni

          esperienza, dichiarò inconoscibile la realtà in sé dell’anima, che è un noumeno, e
          quindi oggetto della metafìsica. Questa posizione kantiana si ritrova in quasi tutte le
          correnti della filosofia contemporanea. Nell’idealismo il concetto di anima si risolve
          in quello di coscienza soggettivisticamente considerata, come attività spirituale che
          tuttavia  non  presuppone  un essere.  Nel  positivismo  e  nella  psicologia  scientifica
          vengono  studiati  i  fatti  psichici,  le  loro  reciproche  relazioni,  le  loro  condizioni
          fisiologiche,  ecc.,  ma,  quand’anche  si  ammette  l’unità  della  coscienza,  non  ci  si
          riferisce a essa come a un sostrato permanente, a un’entità a sé stante. Il concetto di

          anima nella sua significazione tradizionale rimane quasi esclusivamente patrimonio
          del pensiero religioso e delle correnti filosofiche neoscolastiche.
          • Anima bella. Espressione tipica del romanticismo (fu usata per la prima volta da
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