Page 80 - Dizionario di Filosofia
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atomi, sia pure più leggeri e mobili di quelli che costituiscono il corpo. Aristotele,
che in una prima fase del suo pensiero accettò la tesi platonica, si pose il problema
del rapporto tra l’anima e il corpo, connesso con l’idea dell’unità dell’essere
individuale: per lui l’anima è la forma dell’essere vivente, ossia il principio vitale
che ne determina la struttura e il movimento, ne costituisce la perfezione e.
l’attualità, mentre un corpo organizzato in modo che abbia la potenzialità di vivere è
soltanto la materia dell’essere vivente. Aristotele pose una gerarchia di anime in
relazione alle funzioni da esse realizzate nei diversi esseri viventi, dai meno perfetti
ai più perfetti: l’anima vegetativa, comune anche alle piante, regola la nutrizione,
l’accrescimento e la riproduzione; l’anima sensitiva, che è anche negli animali,
regola le funzioni sensitiva, appetitiva e motrice; e l’anima intellettiva, che è
propria dell’uomo, regola le funzioni intellettive. Tuttavia in ciascun essere l’anima
è unica, e negli esseri più perfetti essa ingloba in sé anche le funzioni inferiori.
L’anima non è separabile dal corpo, in quanto le sue attività sono strettamente legate
a quegli organi del corpo mediante i quali esse si esplicano: solo la parte
intellettiva, poiché le sue operazioni si compiono senza bisogno di alcun organo
corporeo, è separabile (di qui l’interpretazione di Tommaso d’Aquino, che, pur
accettando la dottrina aristotelica dell’anima, ammise l’immortalità dell’anima
umana). I neoplatonici posero in primo piano, più che il problema del rapporto
animacorpo, il problema dell’origine dell’anima, la quale ha carattere divino e
deriva dall’Uno, ossia da Dio, attraverso ipostasi intermedie, per un processo di
emanazione. A questa dottrina dell’emanatismo si contrapporranno altre soluzioni
del problema dell’origine dell’anima, quali il traducianismo, per cui l’anima è
generata dai genitori nell’atto del concepimento (Tertulliano), e il creazionismo,
accettato dalla teologia cattolica, per cui ogni anima individuale è creata
direttamente da Dio.
Il cristianesimo affermò la spiritualità, l’unità, la semplicità e l’immortalità
dell’anima; rispetto ai neoplatonici, venne più fortemente accentuato dai pensatori
cristiani, specialmente da sant’Agostino, il carattere personale e individuale
dell’anima umana. Nel medioevo, sia presso gli Arabi sia in Occidente, predominò
la dottrina aristotelica dell’anima come forma del corpo, come principio vitale;
perciò il problema fondamentale fu quello di conciliare tale dottrina con quella
dell’immortalità e personalità dell’anima umana, di origine religiosa. Da alcuni le
due posizioni, quella filosofica e quella religiosa, vennero contrapposte in modo
radicale e considerate inconciliabili (averroismo); da altri si sostenne che corpo e
anima sono due sostanze complete, formate entrambe di materia e forma: si ammise
quindi, da un lato, una forma corporeitatis e, d’altra parte, la presenza di una
materia spirituale nell’anima (agostinisti). Tommaso d’Aquino affermò,
aristotelicamente, che l’anima razionale è la forma stessa del composto umano;
tuttavia essa è in grado di sussistere per suo conto, in quanto esercita operazioni sue
proprie, per le quali non ha bisogno di alcun organo corporeo. Al contrario, Duns
Scoto negò che si possa dimostrare razionalmente, in maniera necessaria, che
l’anima è immortale; Guglielmo d’Occam non solo affermò che l’immortalità