Page 79 - Dizionario di Filosofia
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anticlericale, di un ideale laico come proprio del cittadino del nuovo Stato italiano,

          ritiene  che  l’educazione  debba  fondarsi  su  una  filosofia  scientifica,  ossia  su  basi
          antropologiche e sociologiche. Opere principali: La filosofia e la ricerca positiva
          (1868), Questioni di filosofia contemporanea (1873), La pedagogia, lo Stato e la
          famiglia (1876), La filosofia e la scuola (1886).

          Bibliogr.:  G.  Gentile, A.  Angiulli,  «  La  critica  »,  1909;  G.  Silvestri, Il
          miglioramento nel pensiero pedagogico e filosofico di A. Angiulli, Trani 1941; G.
          Flores  D’Arcais, Scienza,  filosofia  e  pedagogia  nel  positivismo  dell’  Angiulli  e
          dell’Ardigò, « Rassegna di pedagogia », 1951.
          ANGOSCIA.  La  parola  ha  preso  nella  filosofia  esistenzialistica  il  significato  di  «
          inquietudine metafisica » avvertita dall’uomo attraverso i suoi tormenti individuali.

          Il  termine  è  stato  introdotto  da  Kierkegaard,  autore  di  un’opera  sul Concetto
          dell’angoscia (1844), ed è stato ripreso, nella filosofia contemporanea, soprattutto
          da  Heidegger.  Nell’angoscia  l’uomo  sente  insieme  il  nulla  donde  proviene  e  la
          tensione verso l’avvenire che lo attende; gli appare l’ambiguità fondamentale della
          sua  esistenza,  sospesa  tra  l’essere  e  il  nulla,  e  con  essa  l’irrazionalità  della  sua
          situazione  metafisica  e  l’assurdità  della  vita.  Tali  considerazioni  si  accostano

          all’analisi, svolta da Pascal, della condizione di « miseria dell’uomo »; ma i filosofi
          esistenzialisti ne traggono conclusioni ben diverse, in cui l’angoscia non appare più
          né condannabile né perdonabile, ma simbolica e talvolta fine a se stessa, ciò che
          spiega  l’aspetto  pessimistico  di  molte  di  queste  filosofie  e  la  loro  reputazione  di
          dottrine puramente negatrici e nichiliste.
          ÀNIMA. L’idea di anima, come principio della vita, è collegata all’origine con l’idea

          del respiro: nella lingua di molti popoli, infatti, i termini che designano l’anima si
          identificano con quelli che indicano il soffio della respirazione, o l’aria (per es. il
          lat. anima significa aria, soffio, respiro; il gr. thymós ha la stessa origine del lat.
          fumus,  ecc.),  sebbene  si  giungesse  anche  a  distinguere  un’anima  principio  del
          pensiero e un’anima principio della vita: tale distinzione era netta presso gli Ebrei e

          presso i Latini (animus e anima).
          Anche nei primi filosofi greci, per es. in Anassimene, si ritrova la concezione che
          identificava  l’anima  con  l’aria,  con  il  soffio  della  respirazione,  ma  di  contro  al
          naturalismo dei pensatori della scuola ionica, la corrente orfico-pitagorica affermò
          nettamente  la  dottrina  dell’immortalità  dell’anima,  e  della  sua  trasmigrazione  di
          corpo in corpo (v. METEMPSICOSI): tuttavia tale dottrina di origine religiosa non viene
          sufficientemente giustificata da un punto di vista filosofico, e la tesi di Filolao e dei

          suoi  discepoli  (tra  cui  Simmia,  interlocutore  del Fedone  platonico),  secondo  cui
          l’anima è armonia degli elementi corporei, rientra in una prospettiva naturalistica. La
          concezione spiritualistica  dell’anima  come  sostanza  immateriale,  semplice  e
          immortale, distinta nettamente dalla realtà corporea, fu espressa chiaramente per la
          prima volta da Platone (soprattutto nel Fedone) e costituì la base di tutte le ulteriori
          trattazioni filosofiche sull’anima. A tale concezione spiritualistica si contrappose una

          concezione materialistica dell’anima, che apparve in Democrito e venne poi ripresa
          da Epicuro e Lucrezio, secondo cui l’anima è una sostanza materiale, costituita da
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