Page 75 - Dizionario di Filosofia
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processo all’infinito e quindi non si potrebbe avere né dimostrazione né scienza. Gli

          stoici  chiamarono ragionamenti  anapodittici  alcuni  tipi  di  sillogismi  ipotetici  e
          disgiuntivi, ai quali riducevano tutte le altre forme d ragionamento.
          ANARCHISMO. Dottrina che propugna la soppressione di qualsiasi potere costituito e
          in particolare dello  Stato.  Tracce dottrinali d’anarchia sono riscontrabili sin nelle

          teorie  dei  sofisti  e  dei  cinici  greci;  esempi  di  parziali  atteggiamenti  anarchici  si
          ritrovano  in  alcune  sette  ereticali  del  medioevo,  nei  gruppi  anabattisti,  in  sette
          puritane  del  mondo  anglosassone,  aventi  in  comune  uno  spirito  antigerarchico,
          ingenerato  dalla  convinzione  che  la  schiera  degli  «  eletti  »  fosse  sottratta  a  ogni
          autorità,  resa  necessaria,  secondo  la  giustificazione  agostiniana,  dalla  natura
          originalmente  pervertita  dell’uomo.  Ma  solo  nel XVIII  sec.  si  pongono  le  basi
          dell’anarchismo moderno: una componente anarchica non è estranea alle teorie di
          Rousseau, alla sua esaltazione dell’uomo incorrotto e libero allo stato di natura, ai

          suoi princìpi ugualitari, che furono fatti propri dai giacobini, cui già si dette il nome
          polemico e accusatore di anarchistes.
          Una  più  compiuta  teorizzazione  dell’anarchia  si  ha  con  il  pensatore  inglese  W.
          Godwin  (1793),  che  la  proclamò  in  base  alla  libertà  per  ciascuno  di  darsi  una
          propria  legge  morale  e  di  ricercare  la  propria  felicità  individuale  (criterio

          eudemonistico). Nel XIX sec. l’anarchia tende sempre più decisamente a superare la
          fase dottrinale per concretarsi in movimenti e organizzazioni politico-sociali, benché
          un’ispirazione  anarchica,  talvolta  vaga  e  mal  definibile,  continui  ad  affiorare  in
          correnti  propriamente  culturali  e  in  sistemi  filosofici  dell’800  e  ’900  (come
          nell’esaltazione  dell’individualismo  anarchico  contenuta  nell’Unico  [1845]  del
          pensatore tedesco Max Stirner; nell’anarchismo cristiano di L. Tolstoi, nel pensiero
          di F. Nietzsche, nell’esistenzialismo).
          È  con  Proudhon  (Che  cos’è  la  proprietà,  1840)  e  con  il  proudhonismo,  che

          l’anarchia assume una precisa e sistematica fisionomia politico-sociale (cui sarà poi
          dato il nome di anarco-sindacalismo), attraverso l’affermazione della necessità di
          eliminare la proprietà privata, vista come un furto perpetrato ai danni della società.
          Tuttavia  per  assistere  a  un  compiuto  sforzo  di  organizzazione,  sul  piano
          internazionale,  delle  forze  disparate  dell’anarchismo  europeo,  occorre  giungere  al

          russo M. Bakunin, nel quale si saldano le tendenze populiste e nichiliste, diffuse in
          alcuni  ambienti  intellettuali  della  Russia  zarista,  con  le  teorie  proudhoniane
          approdando  alla  teoria  dell’insurrezione  armata  come  mezzo  per  realizzare
          successivamente una società costituita dalla federazione di libere associazioni.  Le
          vicende del movimento bakuniniano si sono intrecciate con quelle di altri movimenti
          socialisti,  confluiti  nella  prima  Internazionale,  per  quanto  fossero  sin  dall’inizio
          evidenti le differenze rispetto alle contemporanee elaborazioni marxiste, con le quali

          Bakunin  polemizzò  a  lungo  direttamente,  per  l’accentuarsi,  nell’anarchismo,  del
          momento volontaristico, immediatamente rivoluzionario e radicalmente antistatale.
          Bibliogr.: M. Nettlau, Bibliographie de l’anarchie, Bruxelles-Parigi 1897; J. Garin,
          L’anarchie et les anarchistes Parigi 1885; A. R. Parson, Anarchism. Its philosophy

          and scientific basis, Chicago 1887; G. V. Plechanov, Anarchismus und Sozialismus,
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