Page 72 - Dizionario di Filosofia
P. 72
Nella logica, l’analisi consiste nella risoluzione di qualsiasi nozione e operazione
logica, di qualsiasi oggetto d’indagine, nei suoi elementi costitutivi, attraverso un
procedimento regressivo che giunge fino alle parti semplici, ossia fino ai dati
fondamentali o termini indefinibili in cui si scompone la nozione analizzata. In questo
senso il procedimento dell’analisi fu già usato da Aristotele (v. ANALITICI primi e
secondi). Nella filosofia moderna e contemporanea, in particolare dal sec. XVIII,
prevale la tendenza a considerare l’analisi come un metodo fecondo di risultati e ad
applicarlo a qualsiasi campo d’indagine (analisi storica, analisi sociologica, ecc.).
In particolare nell’empirismo logico, si elabora un complesso di tecniche per
l’analisi del linguaggio, allo scopo di eliminare le confusioni e le ambiguità
mediante la determinazione e il controllo del significato delle proposizioni e dei
singoli segni.
ANALÌTICA. Per Aristotele l’analitica è quella parte della logica in cui vengono
analizzate le forme del ragionamento ed è esposta la dottrina del sillogismo
dimostrativo o apodittico. (V. ANALITICI primi e secondi.) Kant, nella Critica della
ragion pura, chiamò analitica trascendentale quella parte della logica
trascendentale (l’altra parte è la dialettica), che si propone di scomporre ogni nostra
conoscenza negli elementi puri o a priori che l’intelletto vi apporta. Essa si divide in
analitica dei concetti, che, attraverso l’analisi della stessa facoltà intellettiva, ha
per scopo di spiegare la possibilità dei concetti a priori, ricercandoli unicamente
nell’intelletto come nella loro propria fonte, e analitica dei princìpi, che espone la
dottrina del giudizio, ossia le norme che regolano l’applicazione ai fenomeni dei
concetti dell’intelletto. Nelle altre due Critiche, Kant fa uso delle espressioni
analitica della ragion pratica, analitica del bello, analitica del sublime per
indicare l’esposizione dei princìpi che servono a determinare le idee del dovere, del
bello, del sublime.
ANALITICITÀ. In filosofìa, la proprietà di un giudizio analitico* di esser valido
indipendentemente dal ricorso all’esperienza.
ANALÌTICO. Si dice, da Kant in poi, quel giudizio in cui il predicato esprime ciò che
è logicamente implicito nel concetto del soggetto. Basta quindi analizzare uno dei
due termini per ricavarne l’altro, senza dover ricorrere all’esperienza. Esso è quindi
universale e necessario, ma non accresce la nostra conoscenza: si contrappone al
giudizio sintetico*. Nella logica contemporanea, le proposizioni analitiche vengono
considerate tautologie (Wittgenstein).
Metodo analitico si dice un metodo di ricerca fondato sull’analisi*. Esso viene
precisato da Cartesio, in contrapposizione al metodo sintetico, usato
prevalentemente da Euclide e dagli antichi geometri, che partivano da pochi princìpi
e attraverso una lunga serie di definizioni, postulati, assiomi e teoremi giungevano
alla complessità dei risultati e degli effetti: viceversa nel metodo analitico, che
risale dal complesso al semplice, si segue la vera via in cui le verità sono state
trovate, o potevano essere trovate, e si vede come gli effetti dipendano dalle cause.
Nello stesso senso viene definito il metodo analitico anche da Leibniz, Wolff e Kant.
Secondo Kant, il metodo sintetico è progressivo, mentre quello analitico è