Page 69 - Dizionario di Filosofia
P. 69

ebbe tra i suoi discepoli Plotino, Longino e Origene.

          Bibliogr.: K. H. E. De Jong, Plotinus und Ammonios Sakkas, Leida 1941; H. Dörrie,
          Zum  Ursprung  der  neuplatonische  Hypostasenlehre,  «  Hermes  »,  1954;  E.  R.
          Dodds, Numenius and Ammonius,  in Les sources de  Plotin,  Vandoeuvres-Genève
          1960; J. C. Hindley, Ammonius Sakkas, « Zeitschrift für Kirchengeschichte », 1964.

          AMMONIO di Alessandria, filosofo neoplatonico greco del VI sec. d.C. Fu discepolo
          di Proclo ad Atene; poi direttore della scuola di Alessandria. Di lui ci sono rimasti
          un  commento  alle Categorie  e  al De  interpretatione  di  Aristotele,  un  commento
          all‘Isagoge  di  Porfirio,  il  frammento  di  un  commento  agli Analitici primi,  un De
          fato, in cui combatte il fatalismo degli stoici.

          AMORE.  Il  concetto  di amore  nelle  teorie  filosofiche,  come  pure  nel  linguaggio
          comune, viene ad estendersi, dal suo significato proprio di sentimento di una persona
          verso un’altra di sesso diverso, sentimento che implica una scelta e che tende alla
          reciprocità e all’unione, a una vasta gamma di sentimenti, dal desiderio di possesso
          di  un  qualsiasi  oggetto  che  ci  procura  piacere  a  una  serie  di  rapporti  affettivi

          interpersonali,  dall’amore  verso  enti  ed  oggetti  ideali  fino  all’amore  considerato
          come principio cosmico. In quest’ultima accezione l’amore viene assimilato a una
          forza  agente  nell’universo,  accanto  ad  altre  (ad  es.  in  Empedocle,  è  contrapposto
          all’odio).
          Dal  punto  di  vista  psicologico,  nel  medioevo,  e  fino  al XVI sec., si distinguevano
          l’amore di benevolenza, che spinge a volere il bene di colui che si ama (amore di un
          padre verso i figli) e l’amore di concupiscenza, che vuole un bene solo per chi ama

          e che fa desiderare soltanto di appropriarsi dell’oggetto dell’amore (amore per il
          vino o per un cavallo). Tale distinzione viene rigettata da Cartesio, in quanto essa
          concerne gli effetti dell’amore, ma non la sua essenza, perché nell’amore è sempre
          implicito un senso di benevolenza per l’oggetto cui tendiamo, qualunque sia la sua
          natura.
          Per quanto riguarda l’amore propriamente detto, molti pensatori non hanno visto in

          esso  altro  che  un  desiderio  fisico,  una  passione  o  un  istinto  vitale;  ma  fin
          dall’antichità  molti  filosofi  (Socrate,  Platone,  Aristotele,  gli  stoici  e  Plutarco)  vi
          hanno  scorto  sentimenti  più  elevati  e  più  delicati.  Soprattutto  famosa  è  la  teoria
          platonica  dell’amore,  esposta  nel Convito  e  nel Fedro;  l’amore  è  l’attrazione
          esercitata dalla bellezza, e le forme dell’amore sono tante quante le forme del bello;
          esso nasce a contatto della bellezza sensibile, ma da questa ascende alla bellezza
          dell’anima e, di grado in grado, fino alla bellezza intelligibile che è la vera bellezza,

          di  cui  le  bellezze  sensibili  del  mondo  terreno  non  sono  che  grossolani  abbozzi  o
          pallidi  riflessi.  L’amore  è  quindi  l’aspirazione  a  superare  la  realtà  sensibile  per
          risolversi  in  contemplazione  del  mondo  ideale,  di  cui  è  privo:  perciò  l’amore  è
          desiderio di qualcosa che non si ha, è mancanza e insufficienza, e nello stesso tempo
          inquietudine, ansia, aspirazione perenne.

          Tale  concezione  dell’amore  si  ritrova  nel  pensiero  di  Plotino,  che  ne  accentua  il
          carattere  mistico:  ogni  amore  ritorna  all’amore  di  Dio,  in  quanto  l’oggetto
          dell’amore,  secondo  la  dottrina  platonica,  è  il  bene:  perciò  Dio,  che  è  il  bene
   64   65   66   67   68   69   70   71   72   73   74