Page 65 - Dizionario di Filosofia
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Bibliogr.: Summa theologica, 4 voll., Quaracchi, 1924-1948; su A.: I. Gorlani, La
          conoscenza naturale di Dio secondo la ’Somma teologica’ dì Alessandro di Hales,
          Milano  1933;  V.  Doucet, The  history  of  the  problem  of  the  authenticity  of  the
          Summa Fratris Alexandri, « Franciscan studies », 1947,

          ALEXANDER  (Samuel),  filosofo  inglese  (Sydney,  Australia,  1859  -  Manchester
          1938),  professore  di  filosofia  all’università  Victoria  di  Manchester  dal  1893  al
          1924. Oltre a numerosi articoli apparsi nella rivista Mind, ha scritto: Ordine morale
          e progresso (1889), Spazio, tempo e deità (1920) [l’opera fondamentale], Spinoza e
          il  tempo  (1921), Bellezza  e  altre  forme  del  valore  (1933).  Sul  presupposto
          dell’evoluzionismo,  Alexander  fonda  un realismo  dello  spazio-tempo,  in  cui

          l’oggetto non è per nulla alterato né posseduto dal soggetto che lo conosce, perché
          tutte  le  relazioni  restano  puramente esterne:  la  coscienza  stessa  non  è  che  una
          relazione più evoluta delle altre. L’universo è costituito da molteplici livelli o forme
          di  realtà,  che  si  manifestano  attraverso  un  processo  di evoluzione  emergente
          secondo una gerarchia vivente.

          Bibliogr.:  P.  Devaux, Le système d’Alexander,  Parigi  1929;  J.  M.  McCarthy, The
          naturalism of  Samuel  Alexander,  Londra  1948;  G.  F.  Stout, The philosophy of  S.
          Alexander, « Mind », 1940; A. P. Sterniotte, God and Space-time in the philosophy
          of Alexander, Londra 1954.

          ALFARABI. V. FĀRĀBĪ (Al-).
          ALFREDO di Sareshel (Alfredus Anglicus), filosofo inglese dell’inizio del XIII sec.
          Tradusse opere arabe in latino e fu il primo commentatore, in Occidente, di scritti
          aristotelici. Scrisse inoltre (nel 1210 circa) un trattato sull’anima, De motu cordis,

          ove  si  mescolano  formule  aristoteliche  con  dottrine  metafisiche  neoplatoniche  e
          nozioni mediche attinte da Galeno e dalla tradizione salernitana.
          ÀLGEBRA della logica. L’espressione risale al matematico inglese Boole che cercò
          di attuare il proposito (già più volte tentato nel corso della storia della logica, in
          particolare  da  Leibniz,  ma  senza  risultati  fruttuosi)  di  rappresentare  con  lettere

          dell’alfabeto  i  termini  della  proposizione  (ed  anche  le  proposizioni  stesse)  e  con
          simboli presi in prestito dalla matematica (+, ×, =, ecc.) le operazioni e le relazioni
          logiche, in modo da ricavare — mediante calcolo — da alcuni assiomi fondamentali
          tutte  le  regole  della  sillogistica  tradizionale.  L’algebra  della  logica  non  si
          differenzia, nella sua forma esteriore, dall’algebra ordinaria, ma è caratterizzata da
          alcune  regole  e  princìpi  peculiari;  essa  è  stata  resa  possibile  dalla  cosiddetta  «

          quantificazione  del  predicato  »,  introdotta  da  W.  Hamilton,  che  permette  di
          considerare  i  concetti  come classi  o  collezioni  di  oggetti  e  le  proposizioni  come
          inclusioni, totali o parziali, di classi in classi o come esclusioni di classi da classi
          (per es. la proposizione « tutti gli uomini sono mortali » è interpretata come « la
          classe uomo è inclusa nella classe mortale »). Le ricerche del Boole, proseguite da
          Schröder e Couturat, e estese dai concetti alle proposizioni, sfociarono nella logica
          matematica,  detta  anche logica  simbolica  o logistica,  creata  da  Gottlob  Frege,

          Giuseppe Peano e Bertrand Russell.
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